Monsignor Arrieta: “Fece crescere una Chiesa dal volto cinese in comunione con Roma”. In accordo con Pechino, Papa Francesco nomina Monsignor Joseph Yang Yongqiang Vescovo di Hangzhou, nella provincia cinese dello Zhejiang.
A cento anni dal primo e unico Concilio cinese di Shanghai, promosso nel 1924 dal Cardinale Celso Costantini, è stato presentato a Roma il volume “Il Cardinale Celso Costantini e la Cina. Costruttore di un ‘ponte’ tra Oriente e Occidente”.
Il porporato friulano, primo delegato apostolico in Cina, riuscì a costruire un ponte coinvolgendo per la prima volta i nativi cinesi nelle attività della Chiesa nel paese. All’incontro erano presenti il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, il curatore dell’opera, monsignor Bruno Fabio Pighin,l’Arcivescovo Fortunatus Nwachukwu e il Vescovo Juan Ignacio Arrieta,Segretario del Dicastero per i Testi Legislativi.
L’opera vede la luce nel centenario del Concilium Sinense di Shanghai, che, in soli due anni, portò a Pio XI i primi sei vescovi indigeni per la consacrazione episcopale. Dopo un secolo, l’esperienza sinodale del Concilium Sinense emerge sempre più come un passaggio chiave nel percorso unico della Chiesa cattolica nella Cina contemporanea.
Il Cardinal Costantini, artista e promotore d’arte molto apprezzato, creò una svolta basata sulla decolonizzazione religiosa contro le potenze europee, sull’ordinazione dei primi vescovi cinesi e la promozione del clero indigeno, sull’inculturazione cristiana, portando la linfa del Vangelo alla grande civiltà cinese. Oggi, il suo lavoro continua a offrire spunti fecondi per chiunque sia interessato al presente e al futuro dell’opera apostolica nel mondo.
Il Segretario di Stato Parolin ha evocato la figura di Costantini come ispiratore, promotore e organizzatore che gettò le basi per un dialogo i cui frutti, dopo decenni, includono la firma dell’Accordo con la Santa Sede sulle nomine dei vescovi, siglato per la prima volta nel 2018 e rinnovato due volte nel 2020 e 2022.
«Con la Cina stiamo dialogando da tempo, cercando di trovare le procedure migliori per l’applicazione dell’Accordo firmato – ha aggiunto Parolin – e che sarà rinnovato alla fine di quest’anno». “Il Papa ha grandissimo apprezzamento e stima nei confronti del popolo cinese, della sua storia e della sua cultura. Se ci fosse apertura da parte dei cinesi, Papa Francesco andrebbe in Cina anche subito”.
A seguito dell’intesa tra Roma e Pechino, il Pontefice ha nominato Monsignor Joseph Yang Yongqiang, 54 anni, originario dello Shandong, Vescovo di Hangzhou nella provincia cinese dello Zhejiang. La provincia, chiamata “La Gerusalemme Cinese”, è nota per le difficoltà affrontate dalle comunità cristiane. Monsignor Yang è stato uno dei vescovi che ha partecipato al Sinodo sulla sinodalità lo scorso ottobre.
Abbiamo incontrato S.E.R. Mons. Juan Ignacio Arrieta, Segretario del Dicastero per i testi legislativi.

Quali sono stati i contributi che ha lasciato il Concilio di Shangai nella Chiesa cattolica in Cina?
Uno dei primi obiettivi che doveva raggiungere Costantini era celebrare il primo Concilio dei vescovi di Shanghai nel 1924. Lo scopo del Concilio era cambiare il sistema missionario, che si era imposto in Cina nel secolo precedente, al fine di adeguare la Chiesa nel Paese di Confucio. Nel XIX secolo la Chiesa cattolica in Cina era “protetta” dal sistema coloniale francese, che si era stabilito nel Paese a seguito delle guerre dell’oppio. L’immagine della Chiesa per i cinesi era quella di una religione “straniera”. Nel Concilio di Shanghai, Costantini riuscì a cambiare la Chiesa, trasformandola in una chiesa fatta dai cinesi e per i cinesi. Per fare ciò, occorreva anche adattare l’evangelizzazione alla cultura cinese in comunione con Roma.
In quale contesto operava apostolicamente Costantini in Cina?
Costantini esercitò la sua missione nella Cina degli anni 20-30 del secolo scorso. In Cina era appena caduto un impero millenario e diverse aree del paese si trovavano in permanente stato di rivolta sociale, situazione che si complicò ulteriormente con l’invasione giapponese all’inizio degli anni 30. Costantini dovette svolgere il suo ministero come Delegato apostolico, come rappresentante del Papa nelle Chiese locali e non nei confronti del governo, in quanto non c’erano rapporti diplomatici, in questo momento particolarmente duro, segnato da grande instabilità sociale e politica.
Nonostante in passato, il dialogo non sia stato facile, quali sono attualmente i rapporti tra la Santa Sede e la Cina?
Non saprei dirlo, ma credo che il Santo Padre, col suo stile immediato e diretto, infonda nei cinesi fiducia e autenticità. Quando il Papa incontra fedeli provenienti dalla Cina, si rivolge a loro con una cordialità particolare. Nelle interviste, trapela anche la sua voglia di visitare la Cina e avere l’opportunità di parlare della fede di Cristo. Dalle informazioni che circolano, credo che la Santa Sede stia manifestando in modi diversi il desiderio di progredire nella normalizzazione dei rapporti con la Cina. Si cerca di facilitare l’evangelizzazione e la cooperazione per il benessere del popolo cinese. In questo senso, direi che l’Accordo provvisorio del 2018 rappresenti una premessa sulla quale costruire un percorso.

Papa Francesco recentemente ha nominato Mons. Giuseppe Yang Yongqiang Vescovo di Hangzhou. Che significato ha per la Chiesa cattolica in Cina?
È una concreta applicazione dell’Accordo provvisorio siglato nel 2018 per la nomina dei vescovi. Attualmente siamo arrivati alla quarta o quinta nomina episcopale in Cina. In merito al vescovo di Hangzhou si è trattato del trasferimento a un’altra sede di un Vescovo che era stato ordinato alcuni anni fa. Tuttavia, da quanto si racconta, pare che il primo problema della Chiesa cattolica in Cina in questo momento sia, almeno in alcuni luoghi, quello di raggiungere una totale comunione tra le comunità “ufficiali” e le comunità “clandestine”, che per varie contingenze si sono configurate nei decenni passati nel Paese. La Chiesa è una e si deve manifestare in perfetta unità e comunione. Anche per questo bisogna avere pazienza, perché entrambe le comunità hanno sofferto molto in passato.
Oggi, in quale contesto opera la chiesa cattolica?
Non bisogna dimenticare che la Cina è un grande Paese e le sue istituzioni operano in modo diverso a seconda della zona. Quando si parla con cattolici cinesi che sono di passaggio o risiedono a Roma, ad esempio per motivi di studio, non tutti danno le stesse risposte. Le comunità cristiane sono diverse nelle varie regioni della Cina, in alcune i sacerdoti hanno maggiori difficoltà
Il governo di Pechino guarda con diffidenza all’aumento dei credenti e luoghi di culto presenti sul suo territorio? Teme che possano diventare terreno fertile per la dissidenza? C’è un piano di nazionalizzazione delle religioni in Cina?
Come si racconta nel libro su Celso Costantini, presentato venerdì scorso all’università Urbaniana, il cardinale fece in modo che la Santa Sede guardasse alle problematiche cinesi con occhi diversi, con un approccio diverso da quello usato per le problematiche religiose dei regimi comunisti dell’est europeo del dopoguerra. Allo stesso modo, oggi bisogna guardare alla situazione della Chiesa in Cina con lungimiranza, prendendo tempo per migliorare la conoscenza reciproca.
Secondo Lei quale è il futuro della Chiesa cattolica in Cina?
E’ necessario seminare con molta pazienza, intrecciare rapporti e relazioni che si basino su un confronto leale, in modo da far crescere la fiducia reciproca e, soprattutto, pregare tanto per la Cina e per le vocazioni sacerdotali in Cina. La Chiesa cattolica si è dovuta inculturare in tutti i luoghi dove si è predicato il Vangelo, perché insegna una fede di salvezza che è universale, per tutta l’Umanità. Nel caso concreto della Cina, oltre alle difficoltà del passato che diffusero un’immagine erronea, la Chiesa cattolica si è trovata di fronte a una cultura altamente sviluppata, non meno antica di quella greco-romana che ha costruito l’Occidente. Pertanto, è indispensabile adeguarsi alla cultura, mantenendo l’unità della Chiesa e la comunione negli elementi essenziali della nostra fede.