qualunque forestiero si sente a casa”,
scrisse nel 1581 Michel de Montaigne

Cento opere in prestito dai più importanti musei del mondo per la prima mostra dedicata alle sorprendenti connessioni culturali nella Roma del Seicento, nodo di sinergie artistiche come nessun’altra capitale del mondo di allora. Capolavori di Bernini, Van Dyck, Poussin, Pietro da Cortona ed altri maestri del Barocco affiancati da preziosi manufatti delle più remote provenienze consentono di evidenziare – nell’anno del Giubileo universale cattolico – la dimensione multiforme e al contempo interconnessa della cultura seicentesca a Roma, avvezza più di ogni altra al confronto con mondi diversi e lontani. Le ragioni della mostra trovano la loro sintesi più evidente nel capolavoro esposto in apertura del percorso espositivo, il busto in marmi policromi di Antonio Manuel Ne Vunda (1608), ambasciatore del Regno del Congo, eccezionalmente concesso in prestito dalla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore su espressa volontà del Santo Padre.
Le Scuderie del Quirinale presentano “BAROCCO GLOBALE. Il mondo a Roma nel secolo di Bernini”, un nuovo progetto espositivo e una grande produzione internazionale, dal 4 aprile al 13 luglio, a cura di Francesca Cappelletti (Direttrice generale della Galleria Borghese e professore ordinario di Storia dell’Arte all’Università di Ferrara) e Francesco Freddolini (professore associato di Storia dell’arte presso ‘Sapienza’ Università di Roma). Fondata sull’autorevolezza di un rigoroso impianto scientifico-storiografico che tiene conto dei progressi nel settore dei global studies, la mostra è organizzata da Scuderie del Quirinale e Galleria Borghese con la collaborazione istituzionale di ViVE Vittoriano e Palazzo
Venezia e Gallerie Nazionali d’Arte antica Barberini Corsini, con la partecipazione straordinaria della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.






Il sottotitolo dato alla mostra – Il mondo a Roma nel secolo di Bernini – trova la sua compiuta e simbolica rappresentazione in apertura della mostra con lo scenografico allestimento di un eccezionale capolavoro del maestro scultore Francesco Caporale, capofila della scultura policroma protobarocca a Roma: il busto in marmi colorati di Antonio Manuel Ne Vunda, ambasciatore del Regno del Congo (1608), primo diplomatico africano a raggiungere la Santa Sede e primo uomo di origine africana tributato dell’onore di un monumento funebre in un luogo sacro, pari per prestigio e dignità a quelli dell’aristocrazia locale.
Custodito nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, il busto è stato eccezionalmente concesso in prestito nell’anno del Giubileo su espressa volontà del Santo Padre Francesco e viene presentato a seguito del delicato intervento di restauro realizzato per l’occasione coi fondi di Ales SpA sotto la sovrintendenza della Direzione dei Musei e dei Beni Culturali del Governatorato della Città del Vaticano.
Per la prima volta sarà dunque possibile ammirare la bellezza di questo straordinario manufatto in circostanze di fruizione ottimali e in dialogo con altre opere capaci di esaltarne la portata estetica, storica e simbolica. Davanti al ritratto sembrano, infatti, riemergere le ultime ore della vita del giovane africano dell’antico Regno del Congo, conclusasi alla vigilia della festa dell’Epifania del 1608 nel palazzo papale in Vaticano dopo un lungo e travagliato viaggio. Il suo arrivo a Roma fu interpretato dai contemporanei come una rievocazione della visita del Re Magio di pelle scura, Balthazar. La sua missione diplomatica fu celebrata in quanto simbolo della vitalità della Chiesa, capace di estendere il Vangelo ai più lontani popoli nel segno del dialogo e dell’apertura.
Come sottolineato dall’Arciprete coadiutore della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, il Cardinale Rolandas Makrickas, “il gesto del Santo Padre Francesco omaggia non solo lo storico legame tra la Santa Sede e l’Africa, ma anche l’iniziativa stessa della mostra nel prestigioso contesto delle Scuderie del Quirinale, centro nevralgico del panorama culturale della Capitale.”
L’apertura scenografica sul busto di Manuel Ne Vunda conduce alla prima sezione della mostra “L’Africa, l’Egitto, l’Antico”, concepita come focus specifico sul continente africano nelle varie accezioni culturali con cui venne interpretato ed evocato durante il XVII secolo, dall’interesse verso la sua dimensione etnografica sub-sahariana, reso evidente dall’introduzione frequente nella pittura e scultura di genere di figure di pelle scura (Valentin de Boulogne, Allegra compagnia con cartomante, 1631, dalle collezioni principesche del Lichtenstein; Nicolas Cordier, Giovane africano, 1607-12, dal Musée du Louvre) fino all’evocazione mitizzata dell’antico Egitto, un luogo e una civiltà remoti ove immaginare storie come “Cesare che rimette Cleopatra sul trono”(circa 1637), capolavoro di Pietro da Cortona prestato alla mostra dal Musée des Beaux-Arts di Lione.La sezione successiva si concentra sulla figura chiave di Gian Lorenzo Bernini e sulla commissione della Fontana dei Fiumi a piazza Navona, il più celebre soggetto ‘globale’ di tutta l’iconografia barocca, esponendone tra gli altri anche il monumentale bozzetto (modello di presentazione in terracotta, legno intagliato, ardesia, oro e argento, 1647-50, proveniente dalla collezione Forti Bernini – Eredi Bernini).

La sezione successiva “Roma e la diplomazia globale” declina il tema delle ambascerie in relazione alla specificità di Roma come centro della Chiesa cattolica e si concentra soprattutto sui rapporti con culture islamiche, dalla Persia, all’Impero Ottomano, fino a spingersi alle relazioni con le comunità cristiane nel Giappone di primo Seicento. Accoglie il visitatore l’impressionante ritratto di Ali-qoli Beg, ambasciatore persiano a Roma nel 1609, effigiato dalla pittrice Lavia Fontana – capolavoro solo recentemente riscoperto e mai presentato al pubblico prima d’ora. La già sottolineata propensione della città ad accogliere stranieri è ripresa dalla presentazione di un progetto per l’apparato iconografico del catafalco di Sitti Maani, moglie persiana del viaggiatore romano Pietro della Valle alla quale fu dedicato un funerale solenne nel 1627 in Santa Maria in Aracoeli in modo non dissimile da Antonio Manuel Ne Vunda che, non dobbiamo dimenticarlo, fu ambasciatore e quindi rientra a pieno diritto anche nella storia delineata in questa sezione.

condividendo più analogie con le innumerevoli immagini di animali esotici che enciclopedicamente popolavano i volumi della letteratura scientifica – preciso interesse del committente – piuttosto che con i dipinti di storia classica che il pittore francese realizzò a Roma e nell’arco di tutta la sua carriera di pittore.
Per generosa iniziativa del Segretariato Generale, la Presidenza della Repubblica ha organizzato, a partire dal 4 aprile, il programma “Il mondo a Roma negli affreschi al Quirinale”, serie di visite speciali collegate alla mostra “Barocco globale” e principalmente dedicate a uno degli ambienti più importanti del Palazzo presidenziale, il Salone dei Corazzieri (già Sala Regia), dove si potrà ammirare lo straordinario ciclo di affreschi del 1616 nel quale furono immortalati – ad opera di Agostino Tassi, Giovanni Lanfranco, Carlo Saraceni ed altri – gli ambasciatori provenienti dall’Africa, Asia e Vicino edEstremo Oriente, ricevuti a Roma da papa Paolo V nei primi anni del Seicento. Tra questi, oltre all’effigie dell’ambasciatore congolese Antonio Manuel Ne Vunda, anche quella, particolarmente approfondita dagli studi, dell’ambasciatore nipponico Hasekura Tsunenaga che ricevuto dal papa al Quirinale solo pochi mesi prima della realizzazione degli affreschi.
La città del Papa, delle feste sontuose e delle processioni solenni , dei palazzi e della vita disordinata degli artisti caravaggeschi, rivela una prospettiva nuova, quella di una città veramente globale in cui gli artisti guardano al mondo che si dispiega sotto i loro occhi, grazie alla continua presenza di ambascerie straniere, dal Giappone, dalla Persia e dal Congo, all’arrivo di materiali preziosi da ogni parte del mondo.
