Sulle orme di Francesco: il Conclave specchio di una Chiesa più missionaria e diversificata

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In Africa vive il 20% dei cattolici, mentre in Asia l’80% proviene dalle Filippine. Lo spostamento del cattolicesimo in entrambi continenti avrebbe profonde implicazioni. Questa sarà la vera chiave del Conclave

Apochi giorni dall’inizio del Conclave si sono accreditati più di 5300 giornalisti di tutto il mondo, pronti a seguire da Piazza San Pietro l’evento più importante della storia della chiesa cattolica: l’elezione di un nuovo Papa. Francesco in questi 12 anni di pontificato ha trasformato il Collegio cardinalizio. A questo Conclave, il più grande e diversificato a livello geopolitico, parteciperanno 133 cardinali dei cinque continenti. Nella Cappella Sistina, con il soffio dello Spirito Santo, avranno il compito di scegliere “Il dolce Cristo in terra”. 

Andiamo verso un Conclave dove l’eurocentrismo, che storicamente ha dominato il processo decisionale della Chiesa, si potrebbe dire finito. Oggi le Americhe, l’Asia e l’Africa hanno un ruolo importante e significativo. L’Africa è passata da 11 cardinali nel 2013 agli attuali 18; Asia e Oceania da appena 11 a 27. Anche le Americhe, da nord a sud del continente, che avevano 33 cardinali, hanno visto eleggere negli ultimi anni altri quattro porporati. Questa ricomposizione cardinalizia è il risultato dei 10 concistori tenutisi durante il pontificato di Francesco, che ha nominato 108 degli attuali cardinali elettori, quasi l’80% del totale.

Sarà possibile l’elezione di un Papa Latinoamericano? Gli esperti dicono che è come andare contro corrente al cambiamento naturale e millenario che la chiesa cattolica richiede. In questi ultimi 30 anni la Chiesa cattolica in America Latina ha perso più di 70 milioni di fedeli. Il pontificato di Papa Francesco ha visto anche la radicalizzazione dei regimi in Venezuela e Nicaragua, con una rottura completa dei rapporti diplomatici e l’avanzata della secolarizzazione in Argentina e Cile. A rendere il quadro più difficile lo scoppio di casi di abusi in diversi Paesi, cosa che non ha aiutato Francesco nelle sue relazioni con il continente. Quindi il nuovo Papa non dovrebbe essere una fotocopia del suo successore.

Rimanendo sempre nello stesso continente ma guardando verso il Nord America, le dichiarazioni di questi giorni di vescovi ed esperti statunitensi in piazza San Pietro hanno mostrato un certo scetticismo sull’elezione di un papa americano. Il paese è fagocitato da un eccessivo consumismo, anziché mettere al centro l’essere umano; inoltre si rischierebbe un’eccessiva concentrazione di poteri in un solo paese. “Un papa in particolare dovrebbe avere prospettive che vadano oltre i confini degli Stati Uniti”. 

Spostandoci nel vecchio continente l’elezione di un Papa europeo sarebbe un po’ in controtendenza. Lo scenario europeo in questo momento è molto complicato, oltre ad un’esigua presenza di fedeli nelle chiese, assistiamo già da anni ad una forte denatalità che sta mettendo il continente in una seria crisi esistenziale. Infine l’Europa è un luogo in gran parte secolarizzato, dotato di una gigantesca forza secolarizzante che meriterà in ogni modo grande attenzione da parte della chiesa e del nuovo Papa.

In Africa, con grande sorpresa degli ultimi anni, si sta concentrando il 20% dei cattolici di tutto il pianeta. Caratterizzata da una diffusione molto dinamica della Chiesa cattolica, ha visto aumentare il numero dei fedeli da 272 milioni nel 2022 a 281 milioni nel 2023, con un incremento relativo del +3,31%. In questo Conclave, gli sforzi per garantire una forte rappresentanza di questo fenomeno hanno portato alla quota di cardinali africani aventi diritto di voto pari al 12%, rispetto all’8% del precedente conclave. Nelle Università pontificie a Roma è cresciuto notevolmente il numero di giovani studenti africani che si stabiliscono nella Città Eterna per studiare filosofia e teologia, e poi diventare sacerdoti. “Sarebbe quasi impossibile immaginare un mondo che accetti un papa africano senza la transizione avvenuta per opera di Papa Francesco”. 

Sullo scenario di un mondo dilaniato da guerre, povertà, immigrazione e persecuzioni, i riflettori da qualche mese si sono accesi verso il continente Asiatico. Sebbene l’Asia sudorientale sia prevalentemente buddista e musulmana, il cattolicesimo ha una presenza significativa in alcuni paesi, come le Filippine, dove oltre l’80% della popolazione si identifica come cattolica. Un paese in cui i Papi sono stati sempre venerati. Nei suoi 12 anni da pontefice, Lolo Kiko, nonno Francesco,  come lo chiamavano affettuosamente  aveva rivolto lo sguardo verso questo continente, immaginando un futuro promettente per la Chiesa cattolica. Ci sono altri Paesi a maggioranza cattolica, come Timor Est, mentre in altri Paesi, pur essendo quantitativamente minoritaria, la comunità cattolica è molto attiva, ad esempio in Thailandia, Malesia e Indonesia.

L’elezione di un papa proveniente da quella regione avrebbe profonde implicazioni, poiché sottolineerebbe lo spostamento del cattolicesimo verso l’Asia, dove il cristianesimo è in rapida ascesa. Allo stesso modo, un papa asiatico potrebbe influenzare il dialogo con i governi autoritari del continente, aprendo opportunità di apertura politica. Potrebbe anche rafforzare l’attenzione verso le periferie del mondo, in linea con la visione di Francesco; ben sette i viaggi in Asia, tra cui il più lungo del suo pontificato, nel settembre 2024.

Il Collegio dei Cardinali non è mai stato così numeroso e sarà quindi il conclave più partecipato della storia. Né mai così universale. Questa è una buona notizia, perché «cattolico» significa universale e quindi la Chiesa sta diventando sempre più se stessa. Alcuni paesi europei di tradizione cattolica, come l’Austria e l’Irlanda, non hanno cardinali elettori. Allo stesso modo, alcune diocesi molto importanti, come Milano e Parigi, non avranno il loro vescovo in Conclave. D’altro canto sono rappresentati Paesi come Myanmar, Mongolia, Thailandia e Singapore, dove i cattolici sono piuttosto pochi. Il prossimo Conclave riflette il mondo più della Chiesa cattolica o, meglio ancora, riflette la vocazione missionaria della Chiesa diffusa in tutto il mondo. I numeri contano meno del significato della testimonianza del Vangelo che i cristiani sono chiamati a vivere nella comunità delle nazioni.

Questo conclave segnerà un prima e un dopo, non solo per l’elevato numero dei cardinali elettori, un totale di 133, ma anche per il nuovo equilibrio geografico che si è instaurato nel corso del pontificato di Papa Francesco. Le preoccupazioni che verranno messe sul tavolo non saranno più quelle tipiche della Curia romana, ma quelle che riflettono i contesti di una Chiesa viva e in crescita al di fuori dell’Europa. Questa sarà la vera chiave di questo conclave.