Identità? Essere bandiera e ponte: Francesco Talò e Riccardo Di Segni. Giuseppe Rusconi

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Presentato ieri, mercoledì 12 dicembre, a Roma il primo quaderno del Liceo Giulio Cesare, intitolato ‘Specchi’ e curato da Massimiliano Biscuso. Un testo del 2015, ma attualissimo, dell’ambasciatore Francesco Talò sul tema dell’identità . Giovedì 6 dicembre anche il rabbino Capo Riccardo Di Segni ha parlato di identità nel contesto dell’accensione pubblica delle luci di Chanukkah.

PREMESSA: PIETRE D’INCIAMPO E GUIDA ALL’EBRAISMO

Che cosa sono le ‘pietre d’inciampo’? Piccole targhe (10 per 10 cm)  in ottone lucente, sono state ideate nel 1992 dall’artista tedesco Gunter Demnig  e riportano i dati anagrafici dei deportati ebrei morti nei campi di concentramento nazisti. In Europa ce ne sono oggi circa 70mila. Non sono mancati in questi anni episodi di rimozione delle targhe da parte di squilibrati, di collezionisti e – in crescendo – di antisemiti. Anche a Roma. Quanto accaduto nella notte tra domenica 9 e lunedì 10 dicembre non è purtroppo una ‘prima volta’: in questo caso nel rione Monti sono state divelte e rubate venti pietre d’inciampo che ricordavano lo sterminio della famiglia Di Consiglio. Al momento in cui scriviamo le indagini sono ancora in corso: si parla di due giovani sospettati, antisemiti di estrema destra. Il fatto ha suscitato e suscita una forte indignazione: atti come questi costituiscono un’offesa gravissima non solo per la Comunità ebraica ma per ogni persona che sia tale. Se non si tratta di una vomitevole bravata di gente senza né cervello né cuore, è un atto cinico di natura politica fondato su un odio nutrito dall’ignoranza della storia. Nessuna giustificazione può essere ammessa per tale modo di agire, che va punito, secondo le norme previste nell’articolo 604bis del Codice penale italiano, con una reclusione che può arrivare a sei anni.

Una norma questa che è contenuta (tra le altre in materia) nell’opuscolo agile e chiaro “Breve guida all’ebraismo per operatori di polizia”, curato congiuntamente da Ucei e Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori. Presentato a Roma venerdì 7 dicembre, contiene nella prima parte notizie fondamentali sull’ebraismo in Italia, su feste, usanze e concezioni di vita ebraiche, nella seconda la raccolta delle norme penali in materia di antisemitismo. Sono complessivamente una trentina di pagine che secondo noi dovrebbero essere diffuse a tappeto, lette e meditate anche nelle scuole medie superiori, utilissime a far conoscere una realtà spesso ancora misconosciuta e perciò facile preda di pregiudizi più o meno velati. Per il prefetto Nicolò Marcello D’Angelo, vicecapo della polizia di Stato, il testo è utile per contrastare “le varie e insidiose forme di antisemitismo che continuano ad avvelenare la nostra società”. Anche Noemi Di Segni (presidente dell’Ucei) ha richiamato il vergognoso ripresentarsi sulla scena europea del fenomeno dell’antisemitismo, un mostro a più teste che obbliga a restare sempre vigili, con la guardia alta.   

L’AMBASCIATORE FRANCESCO TALO’: IDENTITA’ COME “BANDIERA E PONTE”

Ieri sera, mercoledì 12 dicembre, è stato presentato a Roma ( in una serata impreziosita dalle esibizioni pianistiche di alcuni studenti dell’Associazione Maestro Raro di Ludovica Orestano) il primo numero di “Specchi”, antologia di scritti vari sul e del liceo classico Giulio Cesare. E’ un’impresa di oltre trecento pagine, curata da Massimiliano Biscuso e promossa dal Liceo in collaborazione con l’Associazione ex-alunni dell’istituto di Corso Trieste, inaugurato come noto nell’attuale sede da Benito Mussolini e Giuseppe Bottai il 28 ottobre 1936. Il ‘quaderno’ contiene quasi una trentina di contributi diversissimi, che spaziano dalla storia al teatro greco, dalle celebrazioni per gli ottant’anni alle riflessioni sull’avvenire del liceo classico, da una ricerca lessicale di Tullio De Mauro ad annotazioni di ordine architettonico e ambientale. Ci piace qui segnalare tra gli altri la dettagliata e appassionata evocazione, a firma del collega Roberto Monteforte, della figura di don Antonio Penazzi, insegnante di religione, dedito al sociale, animatore anche di un cenacolo di studenti confluiti poi in larga parte nel Pci degli Anni Ottanta.

In questa sede però troviamo stimolante riportare almeno qualche passo contenuto in uno dei contributi relativi ai festeggiamenti dell’ottobre 2014 per gli ottant’anni del ‘Giulio Cesare’ (la prima sede fu aperta nel 1933/34  in piazza Indipendenza). E’ quello dell’ambasciatore Francesco Talò (allora ambasciatore in Israele, oggi coordinatore della sicurezza telematica del Ministero degli affari esteri) e riguarda un tema che in questi anni è balzato prepotentemente al centro della scena politica: quello dell’identità. Dall’intervento di Francesco Talò estrapoliamo alcuni passi che dovrebbero indurre perlomeno a qualche riflessione.

Certamente viviamo in tempi nei quali i confini fisici svaniscono. Si parla di virtualità delle situazioni, dei dibattiti, delle persone, e si parla soprattutto di globalizzazione. Oscilliamo tra tendenze diametralmente opposte: l’internazionalizzazione o, meglio, la globalizzazione, che è a mio parere qualcosa di diverso, e la ricerca di radici, il bisogno di sentirci forti di una protezione data dalle abitudini, dai luoghi, dalle persone che ci hanno preceduto. E ci troviamo in questa situazione sempre più difficile da gestire. Credo che sia qualcosa che ha molto a che fare con la mia professione, ma che riguarda un po’ tutti noi e che ha contemporaneamente due dimensioni: quella spaziale, più esattamente geografica, e quella temporale; quindi, il rapporto tra lo ieri, il domani e l’oggi, che non deve essere certo vissuto con lo specchio retrovisore, voltati indietro, ma non può essere neanche visto come una corsa in avanti. E’ una sfida difficile e credo che da questo punto di vista una scuola impostata su basi pensate e non soltanto intese a dare nozioni, una scuola così, può aiutarci.

Quando mi sono preparato, per quanto sia possibile, alla funzione che sto svolgendo di ambasciatore d’Italia in Israele, sono andato in giro per le città italiane (perché) noi ambasciatori rappresentiamo ogni angolo del nostro Paese. Andando a Milano, il rabbino di quella città mi spiegò una cosa che ho trovato interessante e che ripeto sempre. Ricordando una storia delle tribù di Israele, mi disse che io sarei dovuto essere, allo stesso tempo, bandiera e ponte. Ecco, credo che quell’obiettivo che mi è stato suggerito indichi meglio di qualsiasi altro non solo la mia funzione, ma anche il compito di ciascuno di noi nelle differenti attività che svolge. Penso in primo luogo alla scuola: una scuola che sia bandiera, che dia identità, che dia forza e solide radici allo studente, il quale deve essere capace di affermarsi. Allo stesso modo, una scuola che permetta di costruire ponti, cioè di essere attivamente protesi verso il mondo, quindi, verso il futuro, in un’attività di espansione delle proprie capacità e, in generale, se pensiamo agli interessi nazionali, di espansione della capacità del Paese di influire nel mondo..

Credo che l’umanità abbia oscillato nel XX secolo tra opposte tentazioni e tendenze, che possono costituire entrambe trappole, anche se di tipo diverso. Una è appunto la trappola dell’identità intesa in modo limitante per se stessi e per gli altri: alcuni di noi probabilmente sono qui per motivi nostalgici. Anch’io sono tornato qui, per la prima volta, dopo quaranta anni, e certamente, mi sono emozionato nel varcare questi cancelli: tanti ricordi, il piacere di rivedere le persone, ma questa è un trappola, anche perché, lo si sa bene, le cose ripetute non hanno mai il valore di prima: siamo un po’ più anziani, l’attrazione non è la stessa, è un sentimento agrodolce, che spesso porta delusioni. Soprattutto è una trappola perché il passo successivo invita a uno sguardo sterile rivolto solo al passato, fatto non solo di giustificato orgoglio ma anche di ingiustificato sentimento di supremazia.

. Tornato qui dopo quaranta anni, ho visto che molto è rimasto più o meno simile; forse allora mi sembra tutto più grande, a partire dalla scale (…) Una cosa nuova ho visto: quella lapide sotto le scale che ricorda i fratelli Finzi. (NdR: Enrico e Luciana Finzi, cacciati dal ‘Giulio Cesare’ in seguito alle vergognose leggi razziali del 1938, furono deportati ad Auschwitz nel 1943 e non fecero più ritorno). Non c’era ai miei tempi quando io frequentavo questa scuola. Credo che quella lapide di nostri compagni di scuola – possiamo considerarli quasi nostri coetanei, anche se sono vissuti quasi ottant’anni prima – è un monito sulla trappola dell’identità; loro avrebbero la nostra stessa identità, la hanno. Hanno la stessa identità del sottotenente Signorelli, immagino loro coetaneo, al quale è anche dedicata una lapide in questa Aula Magna. Probabilmente stavano a scuola assieme. Anche lui è una bandiera della nostra identità: ha gloriosamente difeso la patria, ha guadagnato la medaglia d’oro al valor militare e giustamente viene ricordato qui. E credo sia importante ricordarlo. (…)

Dall’altra parte, più recentemente, abbiamo avuto una trappola, che chiamerei il dialogo senza identità, un dialogo che definirei perdenteCredo che quando, in nome di un totale interesse verso gli altri, finiamo per disconoscere il valore di noi stessi – e lo disconosciamo in senso quasi letterale, nel senso che non lo conosciamo, lo ignoriamo in quanto non siamo stati educati ad apprezzarlo – allora credo che da questo atteggiamento nasca solo un dialogo perdente, perché si viene disprezzati dagli interlocutori e di conseguenza non si riescono ad affermare le proprie ragioni e non si riesce a trovare quel punto di equilibrio che è necessario.(…)

RICCARDO DI SEGNI: LA FESTA DI CHANUKKAH RICHIAMA ALLA RESISTENZA CONTRO LE MODE CHE DISTRUGGONO I NOSTRI VALORI

Che cos’è la festa di Chanukkah? E’ la festa ebraica delle luci. Il termine significa ‘inaugurazione’ perché richiama la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme, dopo che la Giudea fu liberata – grazie a una rivolta armata guidata da alcuni sacerdoti e dai loro figli ( i Maccabei) – dall’occupazione dei siro-elleni assiro-elleni nel II secolo a.C. La festa di Chanukkah venne istituita per celebrare questo evento proprio da Giuda Maccabeo e dai sui fratelli.

Nel corso della cerimonia pubblica per l’accensione delle luci di Chanukkah, svoltasi giovedì 6 dicembre sull’isola Tiberina davanti all’Ospedale israelitico (belli i canti dei bambini della scuola ebraica), il Rabbino Capo di Roma ha voluto ricordare le ragioni della rivolta. Israele era stata conquistata materialmente dai siro-elleni e spiritualmente era insidiata dall’ellenismo «dal volto seducente e accattivante, ma in realtà invasivo e repressivo”, che una parte dello stesso mondo ebraico aveva abbracciato. Si giunse addirittura a introdurre passo dopo passo una statua di Giove nel Tempio, per esaltare il politeismo e certificare la resa dell’ebraismo. La rivolta, ha detto Riccardo Di Segni, fu dunque motivata dal tradimento della Torah e perciò dalla difesa dei valori dell’ebraismo, contaminato dall’ellenismo: si volevano forzare i precetti, profanare le sinagoghe, ellenizzare la cultura.

Anche oggi la situazione è analoga, ha osservato il Rabbino capo di Roma: ci sono mode “seducenti, accattivanti” che sono molto insidiose, poiché tentano di pervadere i nostri valori, poi sostituendoli. La festa di Chanukkah, ha concluso Riccardo Di Segni, ci renda “diffidenti verso queste mode, subdole e minacciose, che si diffondono dappertutto e rischiano di arrivare anche da noi”.

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