Venezuela al Voto

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Venezuela al voto, tra arresti e persecuzioni si fa strada la speranza di un «cambiamento reale»

Nei sondaggi il leader dell’opposizione, Edmundo González Urrutia, gode di un ampio sostegno, ma ci sono pochi segnali che Maduro sia disposto a cedere il potere: «Il Venezuela cadrebbe in un bagno di sangue»

Sono più di 21 milioni i venezuelani chiamati alle urne questo 28 luglio per eleggere il nuovo Presidente. In un paese affogato da inflazione, povertà e mancanza di libertà, la posta in gioco diventa cruciale. Per la prima volta in 25 anni nel paese caraibico queste elezioni suscitano aspettativa di un “cambiamento reale”e di una possibile democratizzazione, elezioni che sono trascendentali per l’America Latina in generale.

Per garantire la legittimità internazionale il governo del Venezuela ha accolto diverse missioni di supervisione («veeduria», al contrario di quelle di osservazione vere e proprie) che sono limitate nel numero di esperti e nelle funzioni: quattro gli esperti delle Nazioni Unite, una delegazione del Centro Carter, una della Repubblica popolare cinese, una delegazione di tecnici dall’Unione africana (Ua) e del Consiglio di esperti elettorali dell’America latina (Ceela). I tecnici, senza vincolo legale, non realizzeranno una valutazione integrale dei processi di votazione, conteggio e analisi. Un lavoro che l’opposizione definisce come “turismo elettorale”.

L’Unione Europea non parteciperà con una propria missione di osservatori. Lo ha fatto sapere il Consiglio nazionale elettorale (Cne) segnalando che l’invito rimane «senza effetto» dal momento che Bruxelles, attraverso le sanzioni contro funzionari e autorità legate al governo, revocate solo parzialmente, agisce contro la «sovranità e gli interessi del popolo».

 

Sono dieci i candidati che aspirano alla guida del paese. Tra questi il presidente Nicolás Maduro, che punta alla rielezione e, il favorito nei sondaggi, il politologo e diplomatico Edmundo González Urrutia, 74 anni (Piattaforma Democratica Unitaria), sostenuto da Maria Corina Machado, 56 anni. La Machado, dopo aver vinto le primarie con il 92% dei voti, non ha potuto candidarsi a causa di una squalifica da parte dell’autorità elettorale, ma la sua popolarità e il suo rilievo nella campagna l’hanno resa la principale forza per il fronte antichavista.

Ma tra i venezolani c’è comunque scetticismo riguardo ad una tornata che sembra poco democratica o giusta. Nonostante gli analisti abbiano sottolineato che la campagna elettorale si sia svolta a suon di arresti, sequestri e intimidazioni da parte del governo contro l’opposizione, la popolazione venezolana sogna per il paese una nuova guida. Il ‘Chavismo’ governa il Venezuela da un quarto di secolo; il movimento socialista entrò in politica con le elezioni democratiche che portarono Hugo Chávez al potere nel 1998, instaurando, da allora, un regime autoritario.

Venezuela

Secondo l’Associazione Civile Súmate sono più di 7 milioni i venezuelani che sono stati costretti a lasciare il loro paese, di cui 4,5 milioni in età di voto. Francisco Castro, direttore di Súmate, ha affermato che se l’intera popolazione votante all’estero, o anche solo una frazione, riuscisse a registrarsi e a partecipare, il fatto sarebbe di “cruciale” rilevanza per il processo elettorale nazionale. “È importante capire che il Venezuela si trova in una situazione particolare. È una realtà che affrontiamo a causa della migrazione forzata a seguito di una complessa emergenza umanitaria”.

Gli esperti affermano che un’eventuale vittoria dell’attuale presidente Nicolas Maduro potrebbe spingere il Venezuela a logorare ulteriormente i rapporti con gli Stati Uniti, aumentare ancora di più la povertà, la repressione e la mortalità, e causare ancora una grande crisi umanitaria. Il presidente Maduro durante un comizio elettorale ha dichiarato di essere pronto per un nuovo mandato presidenziale che porterà a “cambiamenti e trasformazioni affinché il Venezuela abbia una profonda rivoluzione”. “Se dovessi perdere – ha aggiunto Maduro – il rischio è che «il Venezuela possa cadere in un bagno di sangue, in una guerra civile fratricida, figlia dei fascisti».

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Il Venezuela va al voto in un momento in cui il Paese si trova ad affrontare questioni importanti che avranno un impatto ben oltre i suoi confini. Ma nel futuro del paese ci sono in gioco anche le fertili riserve petrolifere, le più grandi del mondo; come pure la decisione di consentire a Iran, Cina e Russia di continuare a fare affidamento sul Venezuela come alleato chiave nell’emisfero occidentale. La situazione economica è grave. Una parte della base di Maduro si è ribellata facendo rischiare una rottura interna. È recente l’arresto per corruzione di un alleato di alto rango del Presidente, il Ministro del Petrolio Tareck El Aissami. La decisione era considerata un avvertimento per chiunque avesse osato sfidarlo dal suo stesso ambiente.

L’opposizione accusa Maduro di tenere sotto controllo il parlamento, l’esercito, la polizia, il sistema giudiziario, il consiglio elettorale nazionale, il bilancio nazionale e gran parte dei media, per non parlare dei gruppi paramilitari violenti noti come “collettivi”.

L’Ong Foro Penale evidenzia che solo quest’anno sono stati effettuati 102 arresti, direttamente legati ai movimenti politici coinvolti nella campagna elettorale di opposizione al governo Maduro; 301 sono i prigionieri politici, 93 sono in carcere da più di tre anni senza che si sia svolto un processo. Tracciando un profilo dei detenuti l’Ong afferma che non tutti sono attivisti, in realtà si contano più prigionieri politici militari, 152 per l’esattezza, contro i 149 civili. Del totale 27 sono donne e 274 uomini. Per l’opinione pubblica internazionale l’attuale presidente autoritario Nicolás Maduro ha portato il Paese a una delle sue peggiori crisi costringendo milioni di venezolani ad emigrare, in quello che è considerato uno dei più grandi spostamenti umanitari al mondo.

La Conferenza episcopale del Venezuela (Cev) scende in campo con un documento con cui chiede al governo di fermare tutti i sequestri e le persecuzioni nei confronti di coloro che forniscono servizi e attrezzature alle opposizioni in occasione delle manifestazioni della campagna elettorale. «È necessario per la pace dei cittadini che cessi la persecuzione contro chi fornisce gli strumenti necessari per le attività elettorali e si garantisca la libertà di movimento dei candidati con opinioni diverse da quella governativa». La presa di posizione arriva dopo la chiusura da parte delle autorità di almeno 16 locali adibiti a sede di comizio utilizzati dal principale candidato di opposizione, Edmundo González Urrutia, o da altri leader.

“Questa è un’elezione epocale, a differenza delle precedenti elezioni in Venezuela. Oggi ci sono le condizioni per una maggiore coesione dell’opposizione, c’è una mobilitazione importante dei cittadini. Tutti gli studi che sono stati fatti nel paese mostrano che c’è l’intenzione di cercare di trovare un’alternativa tra la fine del governo e il riscatto in atto da decenni in Venezuela – afferma l’ex ministra di Giustizia dei Diritti Umani, Marcela Ríos – ma sappiamo anche che non esistono le condizioni per libere elezioni. La competizione non è stata all’altezza degli standard internazionali”.