L’evento intende offrire i contributi dei cattolici per rispondere alle sfide che l’Italia, l’Europa e il mondo sono chiamati ad affrontare
Papa Francesco arriva a Trieste domenica 7 luglio alla conclusione dei lavori della 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia. Nella sua breve visita nella città, crocevia di culture, incontrerà i migranti, rappresentanti ecumenici, studenti universitari e disabili per poi in piazza Unità d’Italia concelebrare la messa e pregare l’Angelus.
Organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana con lo scopo di approfondire e rilanciare il messaggio sociale cristiano che orienta l’azione dei credenti nel mondo, l’evento, dal titolo “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”, quest’anno ha visto anche la partecipazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Tra i temi discussi durante i lavori la crisi dei fondamenti morali della democrazia, il confronto con l’enciclica Fratelli tutti e la buona politica come superamento del populismo. Recuperare la democrazia vuol dire anzitutto costruire la pace, una pace che parta dalla dignità del lavoro per tutti e dalla salvaguardia dei diritti di ogni essere umano in un’ottica di ecologia integrale, alla luce della Laudato Si’, che sia garanzia di una vita libera e dignitosa che metta al centro l’uomo, senza esclusione dei migranti.
La presenza di Papa Francesco e del presidente Sergio Mattarella «evidenziano l’importanza che l’evento di Trieste ha per la vita dell’intero Paese», che intende offrire il contributo dei cattolici per rispondere alle sfide che l’Italia, l’Europa e il mondo sono chiamati ad affrontare. «Ci sentiamo parte di un Paese che sta affrontando passaggi difficili e crisi epocali – ha dichiarato il Cardinal Matteo Zuppi all’apertura dei lavori – basti pensare all’inverno demografico, alla crescita delle disuguaglianze, alle percentuali di abbandono scolastico, all’astensionismo e alla disaffezione sempre più numerosa alla partecipazione democratica, alla vita scartata che diventa insignificante per l’onnipotenza che si trasforma in nichilismo distruttivo di sé stesso».
I relatori dell’evento hanno sottolineato che la democrazia appare in difficoltà in varie parti del mondo, sia dal punto di vista della tenuta delle istituzioni sia da quello del coinvolgimento popolare nei processi decisionali. Preoccupano in particolare la frammentazione sociale e l’individualismo crescente che lasciano poco spazio per pensare al futuro e costruire il bene comune.
«Non possiamo parlare di partecipazione, di democrazia, di bene comune e poi dimenticarci delle persone fragili – commenta Mons. Trevisi, Vescovo di Trieste. La maturità di una democrazia dipende anche da come le persone fragili vengono accolte e integrate».
Riferendosi alla situazione locale, il presule ha spiegato che Trieste si trova sulla rotta balcanica e che l’immigrazione “è una questione che sappiamo essere impegnativa e complessa. Ma il Papa ci invita a saper offrire un’accoglienza dignitosa”.
Abbiamo incontrato Roberto Di Piazza, Sindaco di Trieste

“Senza partecipazione non c’è democrazia”. Secondo lei, quali sono i fondamenti morali mancanti nella nostra società che hanno permesso l’aumento notevole dell’astensionismo?
La prima cosa che me viene in mente è che faccio il sindaco da ben 23 anni. In tutto questo tempo non sono mai stato oggetto di condanna, la mia fedina penale è pulita: la gente, i cittadini vogliono sentirsi amministrati da politici onesti che si occupino di loro e che lavorino con i “fatti”. E, mi permetta di dire, che se sono al quinto mandato è perché la gente vuole delle persone serie e ha bisogno di sentirsi ascoltata. Purtroppo leggendo i giornali la mattina troviamo tutt’altro. Le persone devono ritornare a poter votare per qualcuno che li rappresenti veramente, e che rappresenti i valori di lealtà. I cittadini non hanno bisogno del politico di turno che rappresenta il partito. È lì l’errore fondamentale.
Di cosa ha bisogno la nostra democrazia per essere recuperata e costruita continuamente?
È necessario un ritornare al rispetto delle regole. Invece oggi vediamo che manca tutto questo. Per esempio abbiamo assistito ad atti di vandalismo con cui si è imbrattato il Senato, i monumenti archeologici, come anche manifestazioni e scioperi selvaggi, ecc. È evidente che davanti a tutto questo disordine il cittadino si allontani perché dice basta con queste cose. La democrazia funziona se si rispettano le regole nell’ottica anche del rispetto dell’altro.
Il pontificato di Papa Francesco è caratterizzato da alcune tematiche quali i diritti umani, i rifugiati, gli immigrati. In che maniera vengono accolti gli ultimi nella sua città che è storicamente multietnica?
Sono il sindaco di una città straordinaria. Le manifestazioni religiose sono tante: c’è il rito cattolico e sloveno, il rito ebraico, il rito serbo ortodosso, il rito greco ortodosso. Sono cose incredibili e bellissime che accadano nella mia città. Poi c’è però anche il problema della rotta balcanica. Da 20 anni dico che abbiamo 160 caserme vuote, basterebbe sistemarne due o tre per poter accogliere meglio e andare incontro alle esigenze degli immigrati, ma purtroppo questo non è accaduto. Abbiamo voluto fare l’accoglienza diffusa ma è stato un fallimento. In questo momento sono 350 i minori stranieri a carico del Comune di Trieste e fino a pochi giorni fa avevamo il Silo vicino alla stazione pieno di immigrati. Una roba impensabile.
Mons Trevisi ha dichiarato che non è degno, per una città bella come Trieste, accogliere gli immigrati e richiedenti asilo nel vecchio Silo accanto alla stazione. Da cosa dipende? Dove verranno trasferiti?
Noi abbiamo messo a disposizione della Prefettura l’ex campo scout di Prosecco, una località vicino a Trieste dove verranno accolti gli immigrati. La rotta balcanica per noi è un problema serio, specialmente d’estate, quando arrivano in una giornata anche 50 persone, tanto per dare un’idea. Bisogna avere il coraggio di dirlo, attorno all’accoglienza diffusa c’è un grande business, perché lo Stato mette a disposizione delle risorse imponenti per ogni immigrato che arriva nella nostra città e nel resto d’Italia. Se non si organizza, se non si fanno le cose, è inutile poi lamentarsi.
C’è la Caritas e altre associazioni che vi danno una mano?
Meno male che ci sono la Caritas e le associazioni di volontariato che si occupano degli ultimi! Trieste è una città che si è sempre distinta, come la famosa città mitteleuropea. È qui che si è iniziato a parlare di Europa quando l’Europa ancora unita non esisteva. Il nostro soccorso arriva la mattina attraverso una telefonata da parte della polizia di frontiera: “Abbiamo 5 minori stranieri che vanno presi in carico immediatamente”. I piccoli comuni come Monrupino e Sgonico, che non hanno strutture adeguate per far fronte a questa esigenza, li passano a me. Allora dico bisognerebbe affrontare queste problematiche in modo responsabile con lo Stato. Bisogna predisporre strutture adeguate per poter accogliere i nuovi arrivati.
A parte i migranti chi sono i poveri e in che maniera venite incontro?
Nella mia città c’è lavoro, la qualità della vita è molto alta e aiutiamo molto queste persone. Siamo una città un po’ diversa da altre anche se sul confine. I nuovi poveri sono fondamentalmente persone che sono arrivate da altre parti del Paese. Il problema è che dobbiamo occuparci della rotta balcanica, abbiamo 160 km di confini da Trieste a Tarvisio e gli immigrati arrivano attraverso i boschi e non c’è controllo che regga. Per me e per noi triestini è un grande onore incontrare Papa Francesco e raccontare il lavoro che facciamo con gli immigrati da 20 anni.
In che maniera il Friuli Venezia Giulia, in special modo la sua città, promuove il lavoro, la riduzione delle diseguaglianze, la custodia dell’ambiente?
Sull’ambiente mi permetto di dire che abbiamo una città con il miglior impianto di depurazione. Abbiamo un termovalorizzatore da vent’anni. Come Comune di Trieste investiamo molto per la manutenzione di tutti i canali e di tutti gli scarichi. È meglio prevenire che curare e, purtroppo, nel nostro Paese spesso e volentieri assistiamo a disastri improvvisi. Nonostante la nostra città non abbia una vocazione industriale abbiamo l’otto percento di occupati nell’industria, ma non abbiamo problemi di posti di lavoro. Nelle città di confine abbiamo 3000 donne, colf, che arrivano ogni giorno dalla Slovenia e dalla Croazia. La mattina prendono l’automobile e vengono a lavorare a Trieste. Abbiamo la comunità serba che è molto importante, la comunità slovena che copre con la sua mano d’opera la gran parte del comparto edile della città, sono delle persone meravigliose.