“Liberarsi dalle nostre piccole illusioni e meschinità per riscoprire la grande misericordia che solo Dio può dare”. A colloquio con il Prof. Benedetto Ippolito
C’è aria di festa a Roma per il Giubileo 2025. Papa Francesco nella bolla “Spes non confundit” evidenzia come asse centrale la Speranza. Il prossimo Giubileo “sarà un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, la speranza in Dio”, e prega perché ci aiuti a “riacquistare la necessaria fiducia – sia nella Chiesa che nella nostra società – nei legami interpersonali, nelle relazioni internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato”, in un mondo dominato dalle guerre, povertà, diseguaglianze. Tra questi segni dovrebbero esserci, propone Francesco, il desiderio di pace nel mondo, il desiderio di trasmettere la vita, i gesti corrispondenti al messaggio di libertà e di vicinanza che il cristianesimo porta (a cominciare dal livello sociale, con riferimento ai carcerati e ai malati, persone con disabilità, ecc.).
Abbiamo incontrato Benedetto Ippolito, docente di filosofia Medievale all’Università degli Studi di Roma Tre
Che significato ha questo Giubileo rispetto agli altri?
Nella lunga storia dei Giubilei, ad ogni singolo Anno Santo è stato dato un significato comune e un significato particolare. La finalità comune è il fornire un mezzo straordinario di santificazione e remissione dei peccati, legato ad un intero anno liturgico, fornendo l’occasione di riscoprire a pieno la comunanza con Cristo nel legame unitario con il Santo Padre. La finalità specifica di questo Giubileo è la speranza, la virtù teologale che oggi è maggiormente provata nell’animo di ognuno da guerre, sofferenze e incertezze.
Perché “la speranza non delude”?
La “grande speranza”, come l’ha denominata Benedetto XVI (Spe salvi), non delude perché è un dono di Dio che permette al cristiano di poter partecipare in modo soprannaturale, nella concretezza della propria esistenza, la promessa di eternità che Cristo ha lasciato come luce del mondo. La speranza cristiana non è la piccola illusione che possiamo formarci da soli, ma una conseguenza dello spalancarsi della fede, vissuta e desiderata, nella carità, nell’amore di Dio. Perciò questo Giubileo è un’occasione eccezionale di liberazione dalle nostre piccole illusioni e meschinità per riscoprire la grande misericordia che ogni persona umana ricerca e che solo Dio può dare.
Nei tempi che viviamo, cosa ci chiede Papa Francesco con il Giubileo?
Nella Bolla di indizione dell’anno santo Spes non confundit il Giubileo è definito un “cammino di speranza”, pensato in continuità con le ricorrenze del passato, un pellegrinaggio interiore ed esteriore alla ricerca dei “segni” che possono generare in noi gli ammalati, i giovani, gli esuli, i profughi, i sofferenti, gli anziani. Speranza per l’uomo e per la Terra, speranza di pace e di vera vita spirituale, vuol dire conversione del cuore (Dilexit nos).

Cosa intende San Paolo con quelle parole scritte ai cristiani di Roma?
“La speranza non delude” è un appello dell’Apostolo al discernimento nella fede. Il rischio per ognuno di noi è la delusione, lo sconforto, la sofferenza, la perdita d’animo. Invece, come si diceva, la speranza vera è collegata necessariamente alla fede che ci apre gli occhi alla Verità. San Tommaso d’Aquino definisce la speranza una possibilità umana che permette di desiderare qualcosa che è raggiungibile da noi mediante l’aiuto di Dio. In tal modo la nostra speranza “si adegua a Dio stesso, sul cui aiuto essa si fonda”. L’occasione giubilare è fondamentale per rintracciare il legame perduto tra la nostra vita concreta e Dio che ci viene incontro per amore.
Di quale speranza si tratta?
Si tratta della vera speranza cristiana, l’appuntamento cioè tra la nostra umanità in cammino e l’eternità della perfezione divina, svelata in Gesù Cristo. Perciò questo Giubileo è, al pari dei precedenti, profondamente mariano. Con Maria possiamo essere fedeli a suo Figlio e vivere la grande Speranza che non delude, facendoci educare dal suo affetto materno.
Il primo segno di speranza che chiede Francesco è raggiungere la Pace. In che maniera possiamo contribuire nel nostro piccolo?
I conflitti in Ucraina e in Medioriente non sono la causa ma l’effetto di una degenerazione dei rapporti umani, di una complessiva disumanizzazione della società. La pace è una priorità assoluta. Senza pace vi è soltanto la morte. Trovare in noi la pace è sorgente di speranza, è operare in modo cristiano. La pace è un dono. Bisogna chiedere la pace. E il Giubileo è un anno speciale di preghiera nel quale individualmente e collettivamente possiamo tracciare un sentiero nuovo di riconciliazione umana.
Come possiamo vivere, qui e ora, con speranza e testimoniarlo a chi ci circonda?
È molto importante nella vita cristiana non perdere mai il contatto con le cose piccole, con i gesti minimale e invisibili ai più, collegando la pratica della carità innanzitutto alle persone che ci sono intorno, alle azioni quotidiane che facciamo, alla cura dei particolari doveri e sacrifici che si accompagnano alla nostra vita familiare e professionale. Il Giubileo è anche un progetto di rinnovamento della vita spirituale in famiglia, nonché un’occasione di dare un senso cristiano all’amicizia. Non si può vivere la speranza come virtù egoista e non si può ottenere la speranza da soli. Soltanto occupandoci delle persone che sono accanto a noi, disinteressatamente, non tradendo le loro aspirazioni, fiducie, attese, possiamo essere persone che incarnano pienamente l’immagine di Cristo come suoi apostoli, nonostante i limiti e le difficoltà che abbiamo e incontriamo nel quotidiano.