DIOCESI DI ROMA: GENITORI, REAGITE ALL’IMPOSIZIONE DELL’IDEOLOGIA GENDER!

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In prima pagina, sotto il grande titolo “Gender a scuola. La protesta dei genitori”, il settimanale della diocesi di Roma evidenzia e valorizza l’azione del ‘Comitato Articolo 26’ contro gli ormai molteplici tentativi di imporre nelle scuole, anche della capitale, l’ideologia del ‘gender’ – Le gravi responsabilità del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, del Ministero dell’Istruzione, della Regione Lazio, del Comune di Roma per il sostegno dato alle strategie della nota lobby

La domenica l’Avvenire distribuito a Roma contiene il supplemento settimanale Roma Sette. In prima pagina viene sempre evidenziato il fatto più importante del momento. Per questa domenica iniziale d’Avvento Roma Sette ha scelto l’ormai allarmante dilagare anche nelle scuole romane – dagli asili-nido in poi – dell’imposizione dell’ideologia del gender, secondo la quale la differenza tra maschile e femminile è solo una costruzione culturale e dunque va “decostruita” nel senso che ognuno non è quel che è e si vede, ma ciò che si sente e pensa di essere. Grande titolo di apertura: “Gender a scuola. La protesta dei genitori”. Occhiello: “Il Comitato Articolo 26: Coinvolgere le famiglie nei progetti sulla sessualità”. In un box si danno indicazioni su un modulo, da inviare al dirigente scolastico dell’istituto dei propri figli, per la richiesta di consenso informato sulle iniziative ‘educative’ improntate all’ideologia del gender. Nella stessa pagina su quattro colonne anche un articolo molto chiaro dal titolo: “Strategia Lgbt (NdR: lesbiche, gay, bisessuali, transessuali), i consulenti sono a senso unico”, accompagnato dall’occhiello: “Ventinove associazioni del mondo gay a fianco dell’Unar (Ndr: il noto Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) per la formazione, otto nei progetti finanziati dalla Regione Lazio. Proposta politica con una bozza di ordine del giorno per il Consiglio comunale: indottrinamento tra i banchi”. Si noterà qui subito che proprio la Regione Lazio – retta dal piddino Nicola Zingaretti – ha sborsato 120mila euro per i progetti pro-gender, mentre non si risparmia neppure la giunta Marino di Roma Capitale, grazie anche al sostegno entusiasta dell’assessore alla Scuola Alessandra Cattoi, che ha affidato all’associazione lgbt “Scosse” la formazione delle educatrici degli asili nido e delle scuole materne comunali della città. Nessuna meraviglia, considerati i propositi di un’esponente della stessa associazione: “Abbiamo individuato nella decostruzione degli stereotipi dei modelli familiari nella primissima infanzia un intervento strategico per il lavoro educativo”.

COME E’ NATO IL ‘COMITATO ARTICOLO 26’ E I SUOI OBIETTIVI

Nell’articolo di apertura di Roma Sette (a firma di Paola Proietti) si ricorda subito il caso scoppiato presso l’asilo nido comunale “Castello Incantato”, in zona Bufalotta, laddove ai pargoli si legge ad esempio la “Piccola storia di una famiglia” (casa editrice Stampatello): tale cosiddetta “famiglia” comprende due donne che si fanno donare il “semino” necessario alla procreazione da una clinica olandese (questo sì che è un segno indubbio di progresso!), tanto che alla fine la nascitura avrà “due mamme: solo una l’ha portata nella pancia, ma entrambe, insieme, l’hanno messa al mondo. Sono i suoi genitori”. Il tristo episodio del “Castello Incantato” ha confermato clamorosamente il giustificato allarme per il diffondersi a tappeto della ‘Strategia nazionale’ lgbt , il che aveva portato all’inizio dell’anno scolastico alcuni genitori romani a costituire il “Comitato Articolo 26” (www.comitatoarticolo26.it.) Perché 26? Ci si riferisce all’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: I genitori hanno il diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli. Ha detto a Roma Sette una delle fondatrici, Maria Chiara, mamma e docente: “Ci siamo accorti che i progetti relativi alle differenze venivano portati avanti a senso unico: i libretti dell’Unar (NdR: i tre noti libretti di ‘Educare alle differenze’), il progetto comunale ‘La scuola fa differenza’, i corsi e convegni proposti dall’associazione ‘Scosse’, tutti supportati solo da decine di associazioni lgbt e dell’area del femminismo radicale”. Rileva Maria Chiara, riferendosi al Convegno di ‘Scosse’ dello scorso settembre (patrocinato dal Comune e destinato agli insegnanti), che nello stesso, intitolato “Educare alle differenze”, sono stati creati tavoli di lavoro divisi per fasce d’età. Lasciamo parlare Maria Chiara: “Nel tavolo 0-6 anni è proposta l’introduzione di transgenderismo, l’intergenderismo e il transessualismo”. Nella fascia 0-4 anni si introduce a “Gioia e piacere nel toccare il proprio corpo e masturbazione precoce”, nella fascia 6-9 invece è il turno di “Amicizie e amore verso persone dello stesso sesso e masturbazione”. Domanda di Maria Chiara: “Su quale impianto scientifico e pedagogico si basa questo corso per educatrici? Cosa si vuole ottenere?”. Commenta nell’articolo di Roma Sette lo psichiatra e psicoterapeuta Tonino Cantelmi: “Ci dobbiamo aspettare generazioni fragili perché cresciute senza punti di riferimento e non escludo anche aspetti patologici. La teoria gender è imposta come una forma di violenza e non ha alcuna prova scientifica. La campagna è un cavallo di Troia in cui si cela l’intento di sopprimere ‘stereotipi’ come maschi e femmine”.

Il ‘Comitato articolo 26’ è aperto a genitori, docenti, professionisti dell’educazione, di diverso credo religioso e filosofico, che “rifiutano con decisione l’indottrinamento gender nelle scuole italiane di ogni ordine e grado e che rivendicano, in maniera costruttiva, la priorità delle famiglie in tema di affettività e sessualità”. Tra gli obiettivi “diffondere un’informazione oggettiva e scientifica in merito alla cosiddetta ideologia gender”, “vigilare e segnalare gli aspetti ideologici pedagogicamente infondati e pericolosi, di progetti educativi e scolastici relativi a educazione sessuale e/o affettività, educazione alle differenze, lotta alla discriminazione tra bambini e bambine, lotta all’omofobia e/o al bullismo omofobico”, “sostenere e accompagnare il diritto dei genitori ad affermare e perseguire la priorità della propria missione educativa nei confronti dei figli”.

DA TEMPO IL VICARIATO DI ROMA AMMONISCE SULLA PERICOLOSITA’ DELL’IDEOLOGIA DEL GENDER

Nell’articolo di Roma Sette sulla strategia Lgbt si ricorda che “a livello nazionale è in piena attuazione” tale strategia triennale, partorita due anni fa dall’Unar “istituito in seno al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio”. Era il tempo di Monti, poi venne Letta e la strategia andò avanti, così come con Renzi. Del resto “è dei giorni scorsi (NdR: 26 e 27 novembre) il corso per dirigenti scolastici organizzato a Roma dal ministero dell’Istruzione e dall’Unar con la collaborazione del Servizio lgbt di Rete nazionale delle Pubbliche amministrazioni antidiscriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Il Gruppo nazionale di lavoro è composto da 29 associazioni di settore, tutte rigorosamente lgbt”.

Fin qui Roma Sette di domenica 30 novembre. Ma già il 23 febbraio (vedi in questa rubrica: Gender a scuola: prime reazioni della Chiesa italiana) il settimanale della diocesi di Roma aveva dedicato quasi tutta la prima pagina all’ “operazione ideologica” del “gender in classe”, con un editoriale chiaro, pacato e fermo di don Filippo Morlacchi, direttore dell’Ufficio pastorale scolastica del Vicariato. Concludendo le sue considerazioni scriveva don Morlacchi: “Anche in altri Paesi europei (ad esempio in Francia) la potente minoranza favorevole al gender ha dettato l’agenda degli impegni scolastici; ma le associazioni di genitori hanno alzato la voce e prodotto agili pubblicazioni per avvertire le famiglie del fenomeno. Forse è tempo che anche in Italia non solo i cattolici, ma tutti gli uomini convinti della bontà della famiglia naturale si esprimano pubblicamente”. Un auspicio che è stato concretizzato in questi mesi da diverse associazioni e comitati a livello cittadino, regionale, nazionale (in primis la Manif pour tous Italia e le Sentinelle in piedi), in buona parte nell’area cattolica ma aperte a tutti. Giustamente si sta ora pensando a coordinare a livello nazionale tutte le iniziative in atto, poiché, come ha osservato uno dei promotori, “chi non si unisce diventa irrilevante”.

LA CHIAREZZA DEL CARDINALE BAGNASCO…

A livello di diocesi, ricordiamo l’esemplare ‘Nota su alcune urgenti questioni di carattere antropologico ed educativo’ dei vescovi del Triveneto per la Giornata della vita 2014, la grave preoccupazione della Conferenza episcopale toscana, di alcuni altri vescovi (per quel che ne sappiamo dell’Emilia-Romagna, poi di Crotone). Sempre chiaro e limpido, oltre che fermo il presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco, che nella prolusione del 24 marzo 2014 si chiedeva: “Si vuol fare della scuola dei ‘campi di rieducazione’, di ‘indottrinamento’? I genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? (…) I figli non sono materiali da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti”. E concludeva così: “I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga”.

Nelle ultime settimane sono successi altri fatti gravi, oltre alle intimidazioni fisiche e verbali con cui sono state bersagliate in diverse città le ‘Sentinelle in piedi’. Ad esempio una docente di religione cattolica dell’Istituto Pininfarina di Moncalieri (ne abbiamo parlato in questa stessa rubrica) è stata fatto oggetto ingiustamente (come ha provato un’indagine ufficiale) di una pesantissima campagna di stampa originata dalle affermazioni (pare del tutto inventate) di uno studente attivista lgbt. Esposta al pubblico ludibrio dai mass-media, nelle prime reazioni a caldo non è stata certo difesa neppure dall’estemporaneamente remissivo arcivescovo di Torino (e di ciò ha immediatamente gioito la nota lobby attraverso i suoi portavoce annidati nei posti-chiave delle varie redazioni). Grazie ad Avvenire è stata poi ristabilita la verità almeno per i lettori del quotidiano della Cei, oltre che per l’ambiente locale. La diocesi di Milano dal canto suo è incappata in un paio di decisioni che hanno destato molta perplessità tra non pochi cattolici: le scuse ufficiali per un’indagine statistica non certo segreta (rivolta a oltre seimila docenti di religione cattolica) e la negata solidarietà per un docente di religione (sospeso dalla scuola, con l’Ufficio scuola della Curia che ha aperto un procedimento di verifica) ‘colpevole’ di aver mostrato a nove alunni di una terza liceo un documentario molto realistico (“L’urlo silenzioso”) su quel che succede durante un aborto. E’ stata la fiera dell’ipocrisia interessata, se si pensa alle tante immagini (spesso inutilmente) crude sfornate da tg e trasmissioni varie per ragione di audience. Anche a Milano l’atteggiamento dell’arcivescovo è apparso a molti cattolici eccessivamente remissivo (con l’aggiunta di considerazioni non richieste sulla “lentezza” della Chiesa nei confronti degli omosessuali).

… E ANCHE DI PAPA FRANCESCO, PER LA CHIESA UNIVERSALE

Se andiamo alla Chiesa universale, vogliamo ricordare quello che ha detto papa Francesco per esempio il 10 aprile 2014 nell’omelia a Santa Marta? Prendendo spunto dalla da lui definita “durezza di cuore” dei farisei, che “idolatravano il proprio pensiero” e lo volevano imporre al popolo, rilevava il Papa che “anche oggi c’è l’idolatria del pensiero unico. Oggi si deve pensare così e, se tu non pensi così, non sei moderno, non sei aperto o peggio”. E il giorno successivo, ricevendo in udienza la delegazione dell’Ufficio internazionale cattolico dell’Infanzia, osservava Francesco che”occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva”. Continuava Jorge Mario Bergoglio: “Ciò comporta al tempo stesso il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli. E a questo proposito vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del ‘pensiero unico’. Mi diceva, poco più di una settimana fa, un grande educatore: A volte, non si sa se con questi progetti – riferendosi a progetti concreti di educazione – si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione”.

UNA LETTERA DI ATEI, ARCIGAY E RETE STUDENTI MEDI (?)

Intanto, in pieno sviluppo dell’applicazione della strategia totalitaria lgbt (promossa con il governo Monti, proseguita con il governo Letta, dilagante con il governo Renzi), l’Unione degli atei e agnostici razionali (Uaar), l’Arcigay, la Rete degli studenti medi (quanto rappresentativi?) ha trovato modo il 18 novembre di inviare una lettera allarmata al Ministro dell’Istruzione, all’Unar e alla Presidenza del Consiglio per denunciare che “stiamo assistendo ad un vero e proprio attacco nei confronti degli studenti e del sistema scolastico tutto, da parte di una frangia conservatrice e omofoba del nostro Paese”. Proclamano e minacciano i firmatari: “Il Ministero, e il Governo tutto, devono avere il coraggio di superare i tabù e di non fare della battaglia alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale un mero spot propagandistico. (…) Riteniamo che il Ministero debba adoperarsi affinché tutte le scuole prevedano programmi didattici strutturati, destinati agli studenti, sull’educazione alle differenze, in cui si parli di identità di genere, orientamento sessuale e sesso biologico, e che investa nella formazione (NdR: leggi ‘indottrinamento’) degli insegnanti, fornendo loro gli strumenti necessari così da evitare che casi come quelli sopracitati (NdR: di cui abbiamo già parlato) si ripetano”. Non è finita. Tuonano infatti atei, “studenti medi” e Arcigay: “Chiediamo, infine, di coinvolgere nei tavoli ministeriali le realtà sociali, le associazioni e le organizzazioni studentesche che da anni combattono le discriminazioni e l’omofobia e di far sì che questi percorsi producano finalmente soluzioni concrete”. Come se gli attuali consulenti non fossero già di un solo colore. La lettera contiene poi già una velata minaccia per gli istituti cattolici paritari, che certamente la nota lobby sogna costretti ad accettare l’auspicato indottrinamento oppure a chiudere. Nel resto d’Europa tentativi di tal genere sono già in corso, come in Gran Bretagna o sono minacciati, come in Francia.

O TI LASCI RIEDUCARE O PASSERAI DEI GUAI

Insomma: la legge “antiomofobia” a firma Scalfarotto ancora non è stata approvata e già produce i suoi effetti liberticidi, dato che – oltre alle intimidazioni continue – i propugnatori dell’ideologia del gender si fanno sempre più sfrontati. Il rischio è che, considerato quanto è successo fin qui, molti scelgano il silenzio per evitare di essere lapidati dai mass-media della nota lobby (con tutte le conseguenze negative nel proprio ambiente di lavoro). Quel che è capitato del resto a Guido Barilla è estremamente significativo. Sbilanciatosi l’anno scorso in favore della famiglia del ‘Mulino Bianco’, è stato coperto di insulti e minacce; ha così ritenuto molto opportuno profondersi in mille scuse e agire in modo tale che oggi la ‘Barilla’ è pienamente ‘riabilitata’. Come scrive il Washington Post ha ottenuto 100/100 nella classifica delle imprese gay-friendly, avendo in un anno fatto “una marcia indietro radicale, aumentando i benefit sanitari per i dipendenti transgender e le loro famiglie, donando soldi per le cause dei diritti gay “, oltre che ingaggiare consulenti come il “gay più potente d’America”, David Mixner, fiero dei risultati ottenuti: “E’ stato lo sforzo più completo cui io abbia mai partecipato per porre rimedio a una sfortunata dichiarazione”. Ora per la ‘Barilla’ del Guido rieducato mancano solo gli spot con protagoniste coppie omosessuali. Non temete, verranno presto. Si dovrà poi vedere se qualcuno non preferirà a quel punto assaporare un altro tipo di pasta. .

In un clima opprimente come quello descritto va dunque evidenziata la prima pagina di Roma Sette, poiché, segno di coraggio civile, indica anche concretamente le vie di una possibile resistenza sociale. In piena consonanza con gli appelli continui del cardinale Bagnasco, l’impegno quotidiano di Avvenire e le tante iniziative di persone di buona volontà che sono nate e stanno nascendo in tutta Italia. Ma in consonanza piena anche con le considerazioni sull’argomento – ribadite in più occasioni – di papa Francesco (che naturalmente è pure vescovo di Roma) come pastore della Chiesa universale.