La cosa più importante di una società, di una civiltà: la salute umana.

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Auguri nel suo giorno all’Associazione delle Infermiere peruviane in Europa in nome della sua presidentessa Elvira Paredes. Saluto ai presenti rappresentanti del Consiglio Regionale della Lombardia Ing. Borghetti, la Consigliere Regionale dr.ssa Rozza, al Signor Console Generale del Perù a Milano, Ambasciatore Salamanca, a tutti i presenti.

In Francia, si è creata una Medaglia per ringraziare il personale infermieristico e tutte le professioni sanitarie mobilitate in questo periodo di crisi sanitaria globale, la Monnaie de Paris. Lhanno creata per dire «Grazie» alle donne e agli uomini che ci hanno aiutato durante questa pandemia, per aver potuto guarire, nutrire e proteggere i francesi durante il periodo di reclusione e la crisi sanitaria.

In realtà, il mondo é molto grato alla professione che si é fatta carico di tutti noi. L’Organizzazione mondiale della sanità  l’11 marzo 2020 ha dichiarato che il COVID-19 è una pandemia, non solo una crisi di salute pubblica,  è stata una crisi di tutti i settori, dalla salute all’economia. Milioni di uomini e donne sono morti in quest’anno.

La pandemia ha creato una crisi lavorativa senza precedenti dove, vediamo molte donne colpite dalla perdita dei lavori di ristorazione, di alloggi e strutture alberghiere, dal settore dei servizi oltre al commercio. Se la crisi del 2008 ha colpito i posti di lavoro delle banche e del settore edile, questa pandemia ha colpito soprattutto le donne.

In realtà il lavoro delle donne non si é fermato, dovevano occuparsi dei compiti non retribuiti in famiglia. Mentre le donne che lavorano nel settore sanitario avevano più lavoro, dovevano anche gestire una nuova vita familiare. Le donne rappresentano il 70% dei 136 milioni di professionisti nel settore sanitario, assistenziale e sociale. La loro professione, le loro competenze e la loro dedizione alla tutela della salute e della vita li hanno spesso portati a lavorare al limite della loro sopportazione, mettendo anche a rischio la propria salute e la propria vita. È dimostrato che su 189 paesi, in 147, i lavoratori sono per lo più donne. Va anche notato che molti lavoratori sono migranti. Nei Paesi OCSE il 24,2% dei medici è di origine straniera e il 18,2% si è formato all’estero. I dati relativi al personale infermieristico mostrano il 15,8% di origine straniera e il 7,4% formato all’estero.

Nell’ottobre 2020, l’International Council of Nurses ha stimato che una persona su dieci infetta da COVID-19 in tutto il mondo era operatore sanitario. Hanno anche reso noto che le donne, che rappresentano la maggioranza del personale sanitario in tutto il mondo, affrontano maggiori rischi per la salute nel loro lavoro quotidiano, a causa dell’esposizione all’infezione da COVID-19 e dell’aumento di ansia, depressione e insonnia come conseguenza dello stress lavorativo e dell’intensificazione del carico di lavoro, all’aumentare il numero dei pazienti e al diminuire il numero dei lavoratori per malattia o decesso.

Grazie a un’indagine globale sui sindacati in 62 paesi, il 57% dei sindacati ha riferito che gli operatori sanitari non avevano ricevuto dispositivi di protezione individuale adeguati: il 70% nelle Americhe e il 37% ha indicato che non vi erano congedi retribuiti speciali per gli operatori sanitari che dovevano mettere in quarantena : 59% in Africa e negli Stati arabi. Diversi studi hanno rivelato i rischi per la salute mentale affrontati dal personale sanitario. Un sondaggio tra gli operatori sanitari cinesi ha rilevato che il 50% soffriva di depressione, il 45% di ansia e il 34% di insonnia. In Italia, i problemi di salute mentale erano particolarmente gravi tra le giovani lavoratrici sanitarie. In Portogallo, i sondaggi hanno indicato che il 15% degli operatori sanitari ritiene di soffrire di livelli moderati o significativi di depressione e il 57% ha risposto di aver dormito «poco» o «molto male», risultati che in entrambi i casi erano legati in particolare alla mancanza dei dispositivi di protezione individuale e l’aumento dell’orario di lavoro.

D’altra parte, l’OMS / Europa che lavora a stretto contatto con gli Stati membri, gli infermieri, capo del governo, i centri di collaborazione dell’OMS e altri partner, come il Forum Europeo delle associazioni nazionali di infermieri e ostetriche ( EFNNMA ) ha proposto: di elevare il livello della formazione infermieristica e ostetrica nella Regione Europea; creare conoscenze basate sull’evidenza su infermieristica e ostetrica; Influenzare la politica nazionale che porteranno fornitura del servizio sanitario di alta qualità, accessibili, equi, efficienti e sensibili. Gli infermieri sono necessari ovunque, dalla culla alla tomba.

Di recente abbiamo assistito alla conclusione del G20 Empower, tema dedicato alle Donne che entrano nel G20. I messaggi principali sono stati: incoraggiare l’educazione scientifica, incoraggiare le competenze finanziarie. Il mondo si sta sviluppando intorno ai «Big Data» e con «l’intelligenza artificiale», intorno a questi temi si creeranno i posti di lavoro del futuro, quindi le donne devono conoscere questo linguaggio.

Ma il lavoro non basta, ci dicono, che vanno migliorate le condizioni, poi bisogna creare un miglior equilibrio tra lavoro e vita. Al G20 EMPOWER è stata presentata la reale necessità di migliorare i servizi e le infrastrutture sociali, politiche che facilitino la condivisione dei compiti di cura all’interno della famiglia e l’armonizzazione della vita e del lavoro. L’Italia ha già stilato il “Family Act” che racchiude tutte le novità che saranno finanziate con il PNRR presentato all’Unione Europea.

Invece nel campo infiermeristico, per salvaguardare la futura forza lavoro sanitaria e la fornitura di un’assistenza sanitaria di alta qualità, devono essere adottate misure per garantire che l’infermieristica e l’ostetrica siano viste come opzioni di carriera allettanti. Gli infermieri e le ostetriche devono disporre di una solida formazione basata sull’evidenza che permetta loro di soddisfare le mutevoli esigenze di una popolazione lavorando, da soli e in team con altri professionisti, lungo l’intero continuum di salute e malattia. Inoltre, il loro lavoro necessita di una valutazione sistematica per dimostrarne l’efficienza e l’efficacia e devono essere coinvolti nel processo decisionale per la politica sanitaria.

L’ILO ci ricorda che se guardiamo ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) che compongono l’Agenda 2030, ricorderemo che il mondo, prima della pandemia, non era vicino a raggiungere quegli obiettivi. L’obiettivo 8 afferma “promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti”. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro nella sua Conferenza in cui ha celebrato i suoi 100 anni di esistenza, ha fatto riferimento ai tre grandi fattori di cambiamento nel mondo del lavoro: il cambiamento tecnologico, la sostenibilità ambientale e i cambiamenti demografici, nonché i processi di transizione in atto da loro. La pandemia ha influenzato ciascuno di questi fattori.

La risposta dei governi è stata quella di incanalare l’investimento dei fondi a vantaggio delle proprie economie e dei propri attori economici. Abbiamo visto come nel 2020 le economie avanzate fossero in grado di aumentare la spesa del 16,4% del prodotto interno lordo (PIL), mentre per le economie emergenti questa cifra raggiungeva solo il 4,2%, e appena l’1,7% nei paesi a basso reddito.

Un altro aspetto che la pandemia ha scoperto riguarda la distribuzione dei “vaccini”, i più beneficiati sono stati quei Paesi con la più alta capacità economica nazionale. Abbiamo visto una distribuzione non uniforme dei «vaccini» e rimane irregolare.

L’ex direttore infermieristico per il Galles, Jean White riferisce che la leadership infermieristica dovrebbe aiutare a modellare un sistema sanitario più giusto ed equo. Segnala la mancanza di infermieri e ostetriche in circa 7,3 milioni nella regione europea dell’OMS, un numero non adatto alla situazione e alle esigenze future. La formazione infermieristica e ostetrica è in forte concorrenze con altre discipline che spesso offrono migliori prospettive di carriera.

Segnala che nella maggior parte dei paesi della regione europea dell’OMS, sono richiesti 12 anni di istruzione prima di entrare in un programma educativo in infermieristica e ostetrica.

Sebbene si stiano facendo progressi nella standardizzazione della formazione professionale nell’Unione Europea, nel 2009 il conseguimento di una laurea di primo livello richiedeva tre anni di studio per infermieri in Italia e sei anni per infermieri in Germania (tre anni di formazione professionale seguiti da tre anni di studio). In Perù sono richiesti cinque di anni.

Si prevede in un prossimo futuro la partecipazione al processo decisionale delle infermiere, si richiedono dunque una maggiore percentuale di infermieri preparati accademicamente, affinché siano coinvolti nel processo decisionale.

In conclusione, desidero evidenziare tre punti:

  1. La sicurezza del personale sanitario. A causa dell’orario di lavoro coperto dagli infermieri, è necessaria l’illuminazione stradale e la stretta assistenza della polizia. Lo stupro della giovane operatrice sanitaria quando si è recata sul posto di lavoro a Milano è cronaca recente, lo stesso a Lima vengono aggredite e derubate mentre aspettano i mezzi pubblici sulla strada per l’ospedale.
  2. Formazione continua e visione internazionale. Nonostante la caratteristica principale di questa professione sia il contatto umano, è fondamentale sviluppare una formazione continua nelle tecnologie digitali, per formare le leader digitali. I confini geografici sono stati superati grazie al digitale, pertanto, è opportuno svolgere attività di formazione/aggiornamento professionale con infermieri latinoamericani, in particolare sulle nuove tecnologie nella professione, anche a favore dei loro paesi di origine.
  3. Collaborazione anche nella distribuzione dei vaccini. Nel 2003 ad iniziativa della Regione Lombardia, Milano ha ospitato la Conferenza della Banca Interamericana di Sviluppo, una porta per la cooperazione era stata aperta. Tuttavia, nel 2021 i vaccini avrebbero potuto essere un elemento di legame molto prezioso. Però, i tempi della cooperazione non sono finiti, è tempo di creare una linea di comunicazione con il settore sanitario latinoamericano e soprattutto con quello peruviano. È stata la Cina che a un prezzo esorbitante per le dosi di vaccini l’America Latina si è ampiamente indebitata.

Ci auguriamo che l’Associazione d’Infermiere Peruviane in Europa, che fornisce benessere, diventino l’emissarie e partecipanti attivi di un dialogo che investe la cosa più importante di una società, di una civiltà: la salute umana.