La sfida della Chiesa è sempre
quella di evangelizzare.
Le caratteristiche del nuovo Papa?
Essere una persona innamorata di Gesù e, di conseguenza, desiderosa di farlo conoscere
a tutta l’umanità.
In questi giorni una schiera di giornalisti, capi di Stato, cardinali è arrivata a Roma per seguire da vicino i funerali di Papa Francesco, affollando la zona intorno a Piazza San Pietro e creando lunghe file per ottenere accrediti e altri permessi. Gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino di Roma stanno vivendo giornate di grande affluenza, così come la città stessa, poiché molti giornalisti rimarranno nelle prossime settimane fino alla conclusione del conclave e all’elezione del successore.
Abbiamo incontrato Mons. Mariano Fazio, sacerdote argentino dal 1991; è nato nella città di Buenos Aires nel 1960. È laureato in Storia all’Università di Buenos Aires e dottore in Filosofia alla Pontificia Università della Santa Croce, autore di oltre 20 libri e attualmente vicario ausiliare dell’Opus Dei.
Chi la conosce dice che don Mariano andava molto d’accordo con Papa Francesco. Quali sono stati i suoi rapporti con Jorge Mario Bergoglio?
L’ho conosciuto nel 2000 e poi l’ho incontrato innumerevoli volte, sia a Buenos Aires che a Roma. Abbiamo instaurato un rapporto di vera amicizia. Soprattutto, da quando è stato eletto Papa, mi è stato molto vicino nei momenti in cui ho avuto più bisogno di lui: l’operazione di mia madre, la mia malattia, la morte del mio migliore amico. Mi ha sempre chiamato, o mi ha mandato una lettera. Mi ha colpito la sua disponibilità a ricevermi ogni volta che glielo chiedevo, sapendo che ovviamente aveva molte cose da fare. Un giorno mi disse: «Quando un sacerdote mi chiama e io posso, sono obbligato a riceverlo». La virtù più caratteristica degli argentini è l’amicizia, e lui l’ha onorata.
Dopo la morte del pontefice, qual è la prima cosa che le viene in mente?
Mi sento veramente privilegiato. Dopo l’emozione iniziale, ho pensato: «Quanto devo essere grato a Dio per aver ricevuto tanto da Papa Francesco! Ora cerco di seguire il suo esempio nella sua disponibilità a servire tutti, nel suo sorriso, nella sua tenerezza, nel suo senso dell’umorismo.
Mons. Fazio Lei conosce il cardinale Bergoglio dai tempi della V Conferenza Celam svoltasi nella città brasiliana di Aparecida: qual era la sua visione del mondo?
Ad Aparecida Bergoglio ha presieduto una delle Messe nel santuario. La sua omelia è stata come una sintesi di ciò che avrebbe poi sviluppato durante il suo pontificato: tutti abbiamo la stessa dignità di figli di Dio, eppure nel mondo occidentale si è affermata una «cultura dell’usa e getta», che lascia fuori i più poveri, i più deboli e i più bisognosi. Dobbiamo costruire insieme una civiltà dell’amore, dove prevalgano la carità, il perdono, la tenerezza, la misericordia e la solidarietà.

Qual è stato il rapporto di Papà Francesco con l’America Latina durante i 12 anni del suo pontificato?
È stato il primo Papa latinoamericano, e si notava come avesse una sensibilità particolare per i popoli e i problemi del subcontinente. Una volta mi disse che ricordava con particolare affetto il suo viaggio in Colombia, dove cercò di diffondere un messaggio di pace. La gente rispose con folle acclamanti nelle strade. Sapeva riaffermare il valore della religiosità popolare, così presente nella fede latinoamericana. Tutto ciò che disse e scrisse ad Aparecida fu ripreso nel documento programmatico del suo pontificato: Evangelii gaudium.
… e con la sua amata Argentina?
È stato un rapporto più complicato, perché c’erano sempre tentativi di strumentalizzare le parole del Papa in senso politico. Noi argentini tendiamo a leggere tutto in chiave argentina, cioè in funzione dei problemi del Paese. È un peccato che non sia potuto andare nella sua patria, che amava molto, ma credo che sia dovuto a questo desiderio di non essere strumento di un partito.
Secondo lei, quali tracce ha lasciato il pontificato di Papa Francesco per l’intera umanità?
La grande parola di questo pontificato è misericordia. Se nel mondo la misericordia prevalesse sull’odio, la vendetta e la violenza, le cose cambierebbero rapidamente in meglio. Un’altra parola chiave: tenerezza. Il Papa ci ha ricordato che nei rapporti personali dobbiamo essere teneri, affettuosi, guardarci in faccia. Da qui i suoi continui appelli alla pace. In tutti i conflitti attuali mancano la misericordia e la tenerezza…
Da duemila anni a questa parte, la Chiesa è sempre in movimento, sempre aperta a nuovi scenari. Quali sono le sfide per la Chiesa nel momento storico che stiamo vivendo?
La sfida della Chiesa sarà sempre quella di evangelizzare. Certo, cambiano le culture e le epoche storiche, ma il messaggio del Vangelo è sempre attuale. Oggi la cosa più importante è evangelizzare attraverso la vita di cristiani coerenti con la loro fede, che vivono la carità, che sono sempre pronti a servire, che confortano gli altri. Cristiani che vivono le beatitudini, su cui Francesco ha tanto insistito. Tutto il resto verrà come conseguenza di questa evangelizzazione vitale.
Durante il suo pontificato Francesco ha suscitato molta ammirazione, ma anche forti resistenze. Secondo gli opinionisti, la sua figura ha diviso la Chiesa. Qual è la sua opinione in merito?
L’unità della Chiesa è fondamentale, e il Papa deve sempre essere un punto di unità. Ma l’unità è nell’essenziale, nella fede e nella morale. Francesco ha avuto un modo di comunicare molto spontaneo, e a volte ha espresso la sua opinione su questioni che non riguardano la fede o la morale. È legittimo avere un’opinione diversa su questo. Ritengo che ci sia stata unità sui fondamenti e un legittimo dissenso sulle questioni opinabili.
È possibile fare un bilancio del pontificato del Papa latinoamericano?
Non credo sia il momento giusto per farlo: 12 anni di intenso pontificato meritano una riflessione pacata, e ci manca la prospettiva per fare una sintesi.
Dal punto di vista pastorale, che cosa ha realizzato?
In tutti i settori della Chiesa si è sviluppata una sensibilità sempre più profonda per i più poveri e bisognosi. È stata sottolineata l’importanza della testimonianza personale. Francesco ha insistito sulla necessità del dialogo. Questi tre punti mostrano un progresso nella cura pastorale della Chiesa,
Quali caratteristiche dovrebbe avere il prossimo Papa?
Dovrebbe essere una persona innamorata di Gesù Cristo e, di conseguenza, desiderosa di farlo conoscere a tutta l’umanità. Spetta ai cardinali stabilire altre caratteristiche più concrete.
Fonte: RaiNews