Perù in rivincita, non dimenticare: la legittimità viene dal basso.

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Poteva essere stato un serio campanello d’allarme, a pochi giorni prima dal secondo turno delle elezioni presidenziali, le dimissioni di tre dei cinque membri del Tribunale d’Onore del Patto Etico Elettorale, organismo che ha il compito di assistere il Jurado Nacional de Elecciones – JNE per garantire che il contesto elettorale si sviluppi in un quadro democratico basato su valori etici e rispetto reciproco. Il suo presidente, Delia Revoredo, il suo vicepresidente Gastón Soto Vallenas e Carmen Mc Evoy si sono dimessi con una sola lettera. Non hanno spiegato al pubblico i motivi che hanno motivato queste dimissioni. Recentemente Mc Evoy ha chiesto al JNE «di rendere pubbliche le registrazioni delle sessioni del Tribunale d’Onore… …il nostro duro lavoro è stato trasparente e patriottico, e le registrazioni delle sessioni Via ZOOM ne renderanno conto».

Cerrón, Vladimir, l’investitore di Castillo, Pedro, il titolare del partito Peru Libre, continua ad essere protagonista nei tribunali con i suoi processi penali. La risoluzione del giudice Alaín Salas Cornejo de Acobamba, impugnata dal Procuratore, è al voto presso la Seconda Sezione Penale della Corte Superiore di Giustizia di Huancavelica per essere annullata o addirittura dichiarata inammissibile. Il controllo svolto nell’ufficio del Giudice, ora sospeso, dall’Organo di Controllo della Magistratura, ha trovato sul suo computer il testo che è servito come base per la stesura della sentenza a beneficio del leader di Peru Libre, non era di sua paternità.

Un altro file bruciante si riferisce ai «Dinamici del Centro», gli audio ci permettono di capire come è stata costruita una struttura riflesso del partito, come hanno generato clientelismo nel paese. A Junín si davano patenti di guida, anche a chi non aveva i requisiti, bastava pagare ed essere raccomandati da Peru Libre, stessa procedura si usava per le cariche negli pubblici uffici. Una struttura, che è servita anche per raccogliere soldi per il pagamento della cauzione di Cerrón, Vladimir in modo che non andasse in galera. La struttura ha latitanti e indagati. La politica peruviana ne è stata contagiata. Lo stato di diritto sta per essere spaccato. La struttura, vede in Cerrón un capo indiscusso e indiscutibile, colui che affronta l’ordine costituito creandone la struttura parallela, gli sarà servito per le elezioni presidenziali? Lo sapremo.

Il maestro Castillo, più volte si è autoproclamato presidente del Perù. Viene visto tirato per la camicia da Cerrón, un dolce richiamo all’ordine ma lui, il maestro Castillo, sta esplorando, comincia ad essere autonomo, viene richiesto da chi non avrebbe alcuna possibilità di integrare il governo Fujimori, noi vediamo, come in un’opera teatrale, la qualità umana e le solide basi dei nostri peruviani. Catturare il maestro, assicurargli fedeltà, salire sul cavallo del potere anche se trovano posto vicino alla coda, tutti rigorosamente omini, l’importante è «essere», spingono dolcemente la caduta di Cerrón e la sua struttura. Si sa della carenza intellettuale del Maestro Castillo. Così, le dichiarazioni dei visitatori/ospiti/candidati hanno lo scopo di convincere i cittadini ad accettare questo “bravo uomo” che cambierà il Perù e soprattutto “non seguirà il piano del Perù Libre” marxista-leninista-mariateguista, chi lo dice? .

Fujimori, la cui fama la precede, cerca di rimanere nel suo ruolo, insiste sulla revisione degli Atti, chiede la lista elettorale, a tutto gli rispondono NO. Lasciandola parlare, chiedere, la risposta sarà sempre NO.

I cittadini, quelli che hanno le prove della frode nel seggio,  quelli che l’hanno scoperta, sanno bene che Castillo non ha vinto, anche se lo dicono i superficiali membri della Missione d’Osservazione Elettorale – MOE dell’OEA, alloggiando a casa di un esponente del JNE, Jorge Armando Rodríguez Vélez. Era la vigilia delle elezioni bevendo pisco in piena proibizione «ley seca» a una cena sontuosa, Lima è nota per «venire a mangiare bene», tutti ometti poco etici. Nonostante gli Stati Uniti dichiarino che “queste recenti elezioni sono un modello di democrazia nella regione. Sosteniamo dando tempo alle autorità elettorali di elaborare e pubblicare i risultati in conformità con la legge peruviana”, precisamente, la JNE si prende tempo per dirci NO mentre la cittadinanza continua a richiedere le liste elettorali. L’Unione Europea si affida anche «alle autorità elettorali per la soluzione delle controversie pendenti nei canali legali stabiliti».

Sembra che stiamo combattendo con un mostro invisibile con più teste, che ti trovi in un processo penale aperto, che le aule di tribunale siano scese nelle strade dove la legge è un rara avis, in un mondo capovolto.

Viviamo in un mondo capovolto, due esempi. In Perù un certo Pastor ha il monopolio delle farmacie; una ex ministro ha dato a una amica i CITES – Centro di formazione degli artigiani in oro e argento. Così lei è l’unica riconosciuta, mentre gli artigiani rimangono illustri sconosciuti, perché era meglio che la donna straniera prosperasse e non si rispondesse invece all’offerta dell’Italia di realizzare una scuola di oreficeria per artigiani. Per non considerare allo stesso modo i peruviani Andini e dell’Amazzonia, che a turno tra di loro, replicano, nel peggiore dei modi, l’eredità vicereale spagnola del disprezzo, del furto, della corruzione, dell’umiliazione, il sentirsi superiori agli altri, per farli sentire inferiori, per farli stare male, come fecero con Vizcarra, che dal lontano Moquegua e per puro caso finì presidente dopo la destituzione di Kuczynski. Vizcarra dovette andare, come ambasciatore,  in Canada perché a Lima nella sede del Palacio de Gobierno, ancorché vicepresidente, non aveva un’ufficio. Soprannominato «brownie» per il colore della sua pelle, nessuno a Lima lo invitava, neppure una volta, a una buona cena, a una bella riunione, a qualsiasi club, lo emarginavano. Le voci della sirena, di emergenza, non sono state udite dalle orecchie ricoperte dal cerume della superficialità e della peggiore nobiltà vicereale spagnola decadente.

Tuttavia, nulla giustifica la frode, nulla giustifica la loro venuta al potere in questo modo, nulla giustifica che il “Maestro Castillo” non chieda una verifica esaustiva del conteggio dei voti, per verificare l’essere in vita dei peruviani che hanno votato. Nulla giustifica l’inganno al Paese. Un palese inganno, emerso nel recente sondaggio di opinione Datum: quasi il 70% dei peruviani sospetta brogli nelle elezioni presidenziali, le  peruviane sono più convinte. Allora, di cosa stiamo parlando?

Parliamo di una continuità di eventi studiati nei minimi dettagli per anni, mesi, giorni per ribaltare il Perù, in qualunque modo.

La situazione diventa esplosiva quando il magistrato Luis Arce, nominato dal Pubblico Ministero presso il JNE, non potendo dimettersi perché la legge glielo impedisce, ha “declinato” l’incarico, argomentando la sua decisione in una lunga lettera, perché dal gennaio 2021 “era ovvia la polarizzazione nel JNE, dalla nomina di un cittadino che si candida in violazione della Costituzione”, fa riferimento a Vizcarra che non ha rispettato il periodo di dimissioni stabilito dalla Costituzione per presentare la sua candidatura al Congresso. Questo fatto mostra la forza di quel Perù in rivincita, che va oltre le regole, tutti aiutano: regine, alfiere e pedine, devono riuscirci,  dobbiamo risvoltare il Perù, abbiamo già donne elette a capo delle istituzioni, ora è il momento di prendere il Potere.

Il Magistrato Luis Carlos Arce Córdova dichiara «il diritto alla verità è fondamentale»,  in relazione al suo voto di minoranza di fronte all’opposizione della maggioranza del JNE. Arce è a favore dell’esposizione delle liste elettorali, sottolinea «le decisioni contraddicono la Costituzione, chi avrebbe gestito quell’informazione? Giudici elettorali, non chiunque, e cosa dicono le informazioni lì raccolte? La ricerca del contrasto, la verità. Quello che sostengo nei miei voti in minoranza è che l’interesse generale deve sempre prevalere sull’interesse privato, non è interesse generale rendere trasparenti le elezioni? Che vinca il signor Castillo o la signora Fujimori, come ho detto pubblicamente, ma che non ci sia polarizzazione nella popolazione. Marce da una parte, marce dall’altra, scontri tra peruviani. Sapete chi aveva la chiave per risolvere questo problema? Il JNE. Come avrei potuto continuare a convalidare situazioni di questa natura?»

Di fronte all’obiettivo di impedire il confronto delle firme del Registro RENIEC con gli Atti elettorali, prosegue “chi non cerca la verità cerca di coprire o rifugiarsi nelle possibilità della menzogna”, aggiungendo che nel JNE “nessuno voleva uno spazio per attività probatoria: informazione, confronto, rendere tutto trasparente, entrambe le posizioni riconoscerebbero semplicemente che questo è vero e la popolazione si calma… chi non vuole trovare la verità? Traiamone le conclusioni”.

Il magistrato Arce Córdoba è stato indebitamente sospeso, come aveva anticipato nella sua lettera di declinazione, il mondo gli sta cadendo addosso. Ancora una volta il Perù in rivincita agisce, davanti al silenzio delle istituzioni, continuano le marce dei cittadini, anche quelli che hanno combattuto contro il terrorismo, perché sanno che lo spargimento di sangue non aveva senso. Così si stanno preparando.

Castillo deve chiedere al JNE di verificare le firme con gli Atti, trasparenza, ha l’opportunità di passare alla storia con maturità, come democratico. Altrimenti,  le elezioni si devono ripetere, che i cittadini votino di fronte ai rappresentanti dei partiti. Solo così avremo un/una Presidente legittimo/a perché,  l’Autorità viene dall’alto, ma la legittimità parte dal basso, dalla cittadinanza.  Ciò non dovrebbe essere dimenticato.