Donne (e uomini) in questo tempo post moderno

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Donna” – etimologicamente parlando – significa “signora”, padrona della casa; “domina” è il femminile del termine “Dominus”, a sua volta derivante da “Domus”, casa.

Guardando al tempo che viviamo – il tempo attuale della post pandemia e del perdurante conflitto in terra ucraina – si potrebbe ben concepire che tutto è in fondo “casa”: uno store, una scuola, un ufficio, un luogo pubblico, un albergo, una stanza virtuale. La pubblicità non fa che rilevare l’assonanza tra il vivere fuori casa e il riportare l’atmosfera della casa ovunque.

Verrebbe da domandarsi: perché?

Perché c’è bisogno di sentirsi al sicuro, padroni della vita e custodi degli affetti?

In fondo, se ci pensiamo, è esattamente tutto quel che, per secoli di storia, è stato richiesto al mondo delle donne. Le donne: madri, mogli, amiche, sorelle, angeli del focolare domestico e custodi della casa e delle tradizioni.

E verrebbe da domandarsi: è davvero (ancora) questo il ruolo della donna nel tempo presente?

Certamente è sempre maggiore la presenza femminile nel mondo del lavoro e delle professioni.

In Italia, la Legge Golfo-Mosca, introdotta nel 2011, ha previsto che il genere meno rappresentato (di fatto, le donne) nei Consigli di amministrazione e nei Collegi sindacali delle società quotate in Borsa e delle società a controllo pubblico ottenga almeno il 30% dei membri eletti: la proroga della Legge ha modificato al 40% la percentuale delle quote di genere. A livello europeo, il 7 dicembre 2022 è stata pubblicata (GUUE L 315 p. 44 ss) la Direttiva n. 20022/2381 sull’equilibrio di genere nei CDA delle società quotate (che ha previsto la presenza, nella misura del 40%, con adeguamento entro il 2026).

Se si guarda alla presenza delle donne nei posti di comando delle aziende, il numero è cresciuto notevolmente. Va a rilento, invece, il mondo dell’imprenditoria femminile con il Sud Italia che registra il maggior numero di nuove imprese femminili (22.500) nei primi mesi del 2021 (a seguire il NordOvest), con una percentuale di iscrizioni di attività guidate da donne sul totale delle nuove imprese attestate oltre il 26% .

Va detto, tuttavia, che sono ancora tante le donne che si autoescludono perché difficile è la conciliazione lavoro e famiglia. In tempi di pandemia, addirittura, sembra che molti manager donna siano state costrette a lasciare spazio ai colleghi per poter restare a casa e per occuparsi maggiormente di figli e genitori. Questo in estrema sintesi.

Se qualche risultato si è certamente realizzato grazie ad una legge che ha obbligato la presenza di quote di genere, continuano a registrarsi connotazioni “al maschile” di team, panel di convegni o compagini societarie di mondi bancari e/o assicurativi.

E allora: cosa si potrebbe fare per implementare di maggiore presenza nella società la cultura femminile? Forse occorre un nuovo o diverso approccio in ambito sociale, professionale e lavorativo.

Forse non occorre impegnarsi al massimo per realizzare progetti stratosferici: gli esempi di Modelli che funzionano possono essere rinvenuti facilmente. E’ la società che deve recepirli, implementando caratteristiche inusitate all’interno del mondo delle relazioni industriali, nel mondo della politica, in famiglia e tra le Comunità in divenire.

Qualche input concreto?

Innanzitutto valorizzare gli esempi di Donne, magari meno famose ma di progettualità autentica, che diano uno scossone al mondo della politica e dell’economia.

Nel contempo, decodificare e interpretare quanto sta emergendo dal mondo giovanile – la c.d. Generazione Z – per cercare di incanalare, proprio tra i giovani, formazione, educazione al senso civico e rispetto per la persona.

Troppi ancora sono i casi di femminicidio e di violenza; troppe le polemiche sulla questione gender; troppa mancanza ancora di identità – anche solo nel campo della bellezza e del fashion – da parte di donne. Vengono talora proposti modelli femminili in cui le giovani generazioni ma anche le donne over 50 tendono a conformarsi, senza, per questo, raggiungere la propria identità e la propria pienezza di persona. Anche il mondo della bellezza ha bisogno di concepire nuovi percorsi in fatto di cura, di attenzione alla persona e di formazione alla bellezza nel tempo.

Nella post modernità vanno apportati correttivi al modo di essere donna, sia perché viviamo un tempo particolare: la post pandemia, la rottura del mondo globalizzato ed il perdurante conflitto bellico in Ucraina. All’indomani del ‘900, il secolo della modernità, nuovi eventi storici e nuovi scenari hanno disegnato i confini del mondo del lavoro e delle professioni.

Non basta solo chiedere più “presenza” delle donne nei variegati ambiti sociali, economici e politici: occorre superare il gap con una maggiore forza e consapevolezza di ciò che si può essere, insieme, facendo squadra e supportando gli uni le altre.

Essere donna significa essere persona, signora della casa, con il termine “casa” inteso come ogni ambito sociale, economico, politico del Mondo. Partendo dalla propria esperienza di vita, piccola o grande che sia. Per disegnare – insieme agli uomini – la nuova bellezza del Mondo che sarà.

Essere presente, dunque, nel Mondo con la propria identità e con la propria grandezza trasmettendo alle nuove generazioni più formazione e più consapevolezza.

Rompere gli schemi del passato, custodendo la storia (buona) del passato.

Non ci vogliono solo più donne ai vertici del mondo del lavoro o della politica, quanto, piuttosto, occorre indirizzare più donne ad essere presenti, con la propria identità e con la propria storia, personale e di Comunità, affinchè possano essere formate le nuove generazioni di ragazze e ragazzi per un rinnovato e nuovo rispetto della persona, senza distinzione di sesso.

Cominciare da sé, per costruire cornici di benessere sociale, economie sostenibili e operose tra donne e uomini che abbiano cura di chi siamo e di chi vogliamo diventare nel Mondo Nuovo del futuro.