Los Populismos y la Cuba de Fidel (testo in italiano)(video en castellano)

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Il prof. Loris Zanatta, è storico, professore all’Università di Bologna e nella sede di Buenos Aires.

Nel 2016 all’Università di Göteborg lei aveva predetto che in futuro Perù e Colombia avrebbero dovuto affrontare una situazione di populismo esacerbato, forse perché le istituzioni sono deboli, e aveva previsto lo stesso per Ungheria e Polonia. Professore Zanatta, cosa sta succedendo in America Latina?

Grazie per aver ricordato le uniche profezie che ho mai indovinato nella mia vita, sono felice che le ricordi perché sarebbe di pessimo gusto da parte mia farlo. In realtà ci ho pensato allora e ci penso ancora, ancor di più oggi. Perù e Colombia sono paesi a “rischio” rispetto all’esperienza populista.

Per rispondere alla domanda, sono uno storico, cioè il mio lavoro è fare lo storico, non sono un analista politico. In senso stretto, la politica a volte è per me straordinariamente difficile da capire, ma se la guardo come storico, a lungo termine, osservo che i fenomeni populisti non si verificano a causa della povertà.

La povertà e l’arretratezza possono generare tirannia. I populismi sono cose diverse, sono come le religioni politiche, sono forme di mobilitazione popolare che creano un popolo mitico e in nome di quel popolo mitico cercano di riscattare il popolo dalla corruzione causata dalla modernità e portarlo nella terra promessa che si riflette in un immaginario religioso di tipo redentore. Vedono la politica come religione.

Si verificano generalmente in paesi che attraversano grandi fenomeni di modernizzazione e, non a caso, i principali movimenti o fenomeni populisti latinoamericani si sono verificati nei paesi più moderni dell’America Latina. Prima in Argentina poi a Cuba, che era nei Caraibi come l’Argentina nel Cono Sud, poi in Venezuela, il paese arricchito per effetto del petrolio.

Cio perché la modernizzazione provoca generalmente un sentimento di frammentazione di un popolo, che, secondo la tradizione religiosa latinoamericana, viene solitamente immaginato come un popolo unito, unito da un’ideologia, da un’identità, da una fede, così come è rimasto unito per secoli dal cristianesimo ispanico.

Perù e Colombia hanno vissuto nel bene e nel male -ognuno può mettere le dosi a suo piacimento- ma non c’è dubbio che con la crescita economica, con la trasformazione, con l’inserimento nella globalizzazione tramite modelli economici aperti al mondo, hanno avuto buoni risultati, ma questi inevitabilmente producono effetti di disgregazione o di percezione di disgregazione di fronte a un tessuto istituzionale debole e poco legittimato.

Oltre alla crescita della magistratura con la sua capacità di porre fine all’impunità e di delegittimare il sistema politico, in tal modo si è creato il tipico momento populista.

La paura della frammentazione e la richiesta di unità, di unanimità è molto più forte, il Perù e la Colombia stanno attraversando questo pericolo.

Lei ha studiato l’influenza della forza della Chiesa in Argentina, la struttura gesuita che aveva Fidel Castro. Lei spiega che ciò che vediamo a Cuba è più una riduzione gesuita che un processo comunista nel vero senso della parola. Può spiegarci Castro e Cuba per capire questo uso della religione per scopi personali?

In realtà, non dovrebbe sorprendere troppo, nel senso che ognuno costruisce la storia con i materiali del proprio passato. Sarebbe abbastanza assurdo se Cuba, il primo territorio “scoperto” da Colombo e l’ultimo lasciato dagli spagnoli nel 1898, non fosse il paese più profondamente ispanico dell’America Latina.

Sarebbe davvero sorprendente se Castro creasse un regime basato sui principi filosofici di un filosofo tedesco cresciuto a Londra, nella capitale del liberalismo e del capitalismo europei. Non avrebbe molto senso. Se si analizzano la formazione di Fidel Castro e il suo pensiero, sia il tipo di regime da lui creato, non c’è dubbio che il suo fondamento sia nel Nuovo Testamento, nei testi biblici, nel Sermone della montagna. Questa visione è secondo la quale il commercio, la proprietà, il denaro, lo scambio commerciale tra individui sono peccati, che contaminano la purezza dell’uomo e quindi lo corrompono e insieme il sogno di restaurare il Regno di Dio sulla terra.

Fidel Castro diceva «vivrete in paradiso». Ciò è direttamente legato all’immaginario religioso nonché al consenso, di cui ha goduto per lungo tempo il Regime della Rivoluzione Cubana, al di là delle strutture totalitarie create dal regime cubano, senza un dubbio, ma il consenso non è passato per il marxismo.

Fa sorridere, pensare al contadino dell’est di Cuba intriso di teoria marxista della dialettica hegeliana o cose del genere. Quello che accade è che in Fidel Castro, nel suo regime, hanno visto il tipico Regno di Dio in terra, la promessa della salvezza eterna, la vendetta, la vendetta dei poveri contro i ricchi.

In seguito, questo ha delle conseguenze, questi regimi non tollerano il pluralismo, sono regimi gerarchici dove il potere va dall’alto verso il basso, sono corporativi, cioè l’individuo non ha libertà come individuo ma le sue libertà sono condizionate dall’appartenenza al corpo sociale e ha lo Stato etico come tutti i populismi, cioè lo Stato non è neutrale, lo Stato è come lo Stato confessionale dei vecchi Re Cattolici, lo Stato ha la funzione di convertire alla religione di Stato che si chiami comunismo, peronismo o bolivarismo nulla cambia, ma, deve convertire la popolazione e chi non si converte, allora, succede come con la riconquista spagnola: la pulizia del sangue, la repressione.