Papa Leone XIV: “Come il Buon Samaritano, lasciamoci interpellare dalle sofferenze del prossimo”

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A volte ci accontentiamo soltanto di fare il nostro dovere o consideriamo nostro prossimo solo chi è della nostra cerchia. Gesù capovolge la prospettiva. Oggi siamo chiamati ad una rivoluzione dell’amore

 

Papa Leone XIV ha celebrato stamattina la Messa nella Parrocchia Pontificia di San Tommaso da Villanova, nel cuore di Castel Gandolfo, gioiello architettonico di Gian Lorenzo Bernini. Il Pontefice dal cuore peruviano, prima di arrivare nella Chiesa, il cui patrono è un agostiniano spagnolo, ha attraversato Via Carlo Rosselli e Corso della Repubblica salutando lungo il tragitto i fedeli assiepati ai lati della strada.

Nella XV domenica del Tempo Ordinario Papa Leone durante l’omelia ha salutato tutti i presenti, la comunità parrocchiale, i sacerdoti, le religiose e i religiosi, le autorità civili e militari condividendo la gioia di celebrare questa Eucaristia. Papa Prevost inizia la messa citando il Vangelo di Luca. Nella parabola del Buon Samaritano un dottore della legge cerca di mettere alla prova Gesù con la domanda: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Amare Dio con tutto il tuo cuore, tutta la tua mente, e tutte le tue forze, e amare il prossimo come se stessi»

Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Ma Egli rispose con la parabola del Buon Samaritano che è un potente messaggio di amore, compassione e inclusione. Il Papa indica che il ‘prossimo’ è chiunque abbia bisogno di aiuto lungo il nostro cammino e che dovremmo amare come noi stessi. Il buon samaritano, infatti, è anzitutto immagine di Gesù, il Figlio eterno che il Padre ha inviato nella storia proprio perché ha guardato all’umanità senza passare oltre, con occhi, cuore e viscere di commozione e compassione.

“Questo racconto continua a sfidarci anche oggi, interpella la nostra vita, scuote la tranquillità delle nostre coscienze addormentate o distratte, – afferma Leone XIV – e ci provoca contro il rischio di una fede accomodante, sistemata nell’osservanza esteriore della legge, ma incapace di sentire e di agire con le stesse viscere compassionevoli di Dio”.

Quindi “il prossimo non è un oggetto sociale, Cristo non parla di conoscere il prossimo ma di diventare noi stessi il prossimo. C’è un vedere esteriore, distratto e frettoloso, un guardare facendo finta di non vedere – aggiunge il Papa – senza lasciarci toccare e senza farci interpellare; e c’è un vedere, invece, con gli occhi del cuore, con uno sguardo più profondo, con un’empatia che ci fa entrare nella situazione dell’altro, ci fa partecipare interiormente, ci tocca, ci scuote, interroga la nostra vita e la nostra responsabilità”. È una grande sfida che rompe le barriere sociali e culturali dei nostri tempi.

Papa Leone XIV a Castel Gandolfo
Papa Leone XIV a Castel Gandolfo (GettyImages)
Leone XIV cita Papa Francesco: “Gesù è la compassione e la misericordia del Padre verso di noi. Egli è il Buon Samaritano che ci viene incontro; Egli, dice Sant’Agostino, ‘volle chiamarsi nostro prossimò. Difatti il Signore Gesù Cristo fa comprendere che è stato Lui stesso ad aiutare quel mezzo morto che giaceva lungo la via, maltrattato e abbandonato dai briganti”.

La parrocchia di San Tommaso ha accolto con entusiasmo e spirito di gratitudine il Successore di Pietro. Sotto il cielo velato dei Colli Albani, il sorriso del pontefice ha segnato una pagina nuova nella storia del borgo ripristinando una tradizione papale a lungo interrotta. Il ritorno del Papa nella residenza estiva non è solo una questione liturgica, ma è una ricongiunzione identitaria, quasi familiare, per una comunità che ha sempre sentito i Papi “di casa”.

Castel Gandolfo è diventata in questi giorni di nuovo un centro di incontro, fede e servizio con un gran viavai di televisioni di tutto il mondo e allestimenti di postazioni che hanno seguito l’evento. Abbiamo bisogno di una rivoluzione dell’amore. “Oggi, quella strada che da Gerusalemme discende verso Gerico, una città che si trova sotto il livello del mare, è la strada percorsa da tutti coloro che sprofondano nel male, nella sofferenza e nella povertà; è la strada di tante persone appesantite dalle difficoltà o ferite dalle circostanze della vita; è la strada di tutti coloro che ‘scendono in basso’ fino a perdersi e toccare il fondo; ed è la strada di tanti popoli spogliati, derubati e saccheggiati, vittime di sistemi politici oppressivi, di un’economia che li costringe alla povertà, della guerra che uccide i loro sogni e le loro vite”.

La città si è trasformata in un altare vivente di fede, emozione e speranza. Il Papa americano esorta: “Che cosa facciamo noi? Vediamo e passiamo oltre, oppure ci lasciamo trafiggere il cuore come il samaritano? A volte ci accontentiamo soltanto di fare il nostro dovere o consideriamo nostro prossimo solo chi è della nostra cerchia, chi la pensa come noi, chi ha la stessa nazionalità o religione; ma Gesù capovolge la prospettiva presentandoci un samaritano, uno straniero ed eretico che si fa prossimo di quell’uomo ferito. E ci chiede di fare lo stesso”.

Il samaritano – scriveva Benedetto XVI – «non chiede fin dove arrivino i suoi doveri di solidarietà e nemmeno quali siano i meriti necessari per la vita eterna. Accade qualcos’altro: gli si spezza il cuore. Se la domanda fosse stata: “É anche il samaritano mio prossimo?”, allora nella situazione data la risposta sarebbe stata un «no» piuttosto netto.

La giornata di oggi ci invita a fermare le nostre corse indaffarate, lasciare che la vita dell’altro, chiunque egli sia, con i suoi bisogni e le sofferenze, mi spezzino il cuore. Questo ci rende prossimi gli uni degli altri, genera una vera fraternità, fa cadere muri e steccati. E finalmente l’amore si fa spazio, diventando più forte del male e della morte. “Va’ e anche tu fa’ così”.

La comunità si è preparata con entusiasmo ad accogliere il Pontefice impegnandosi a fondo nell’organizzazione di questo evento, sia dal punto di vista logistico che spirituale. Don Rozmus ha detto che la forza trainante di questa preparazione è stata la comunità: “Un gruppo di donne dell’Opus Dei è venuto da diverse parti solo per dare una mano. Non hanno chiesto foto né onorificenze. Sono venute semplicemente per servire. Il risultato? Una città che si è abbandonata al servizio. Quando arriva un Papa a Castel Gandolfo, il cielo scende sulla terra”.

Il sacerdote della parrocchia Tadeusz Rozmus ha raccontato come la gente del posto si è resa disponibile per dare una mano nell’organizzazione. A cominciare dai giovani che, appena terminato l’oratorio estivo, si sono subito offerti volontari per coordinare la Messa. Nonne che sfornano il pane dall’alba. Persino gli scettici si sono avvicinanti, “nel caso ci fosse,  hanno detto, qualcosa di più grande di noi”.

Papa Leone XIV celebra la messa a Castel Gandolfo