Da Goethe a Marco Polo: Il viaggio interiore di Vienna Cammarota

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È un grande piacere avere con noi Vienna Cammarota, collegata direttamente dalla Cina, dove si trova in questo momento. Lei è Ambasciatrice dell’ArcheoClub e appassionata di lunghe camminate, e ora si dedica alle incredibili “camminate d’autore”.

Vienna Cammarota, lei è una persona di grande fama in questo momento, ma ha iniziato a fare le sue camminate molto prima, quando non era ancora conosciuta. Cosa la spingeva a intraprenderle?
Ogni camminata per me aveva un motivo ben preciso, una ragione forte per la quale decidevo di partire. Ogni viaggio aveva un’idea sviluppata da me stessa, e quella idea era ciò che mi spingeva a camminare.

Qual era una di queste idee?
Una delle idee più semplici è stata quella di camminare attraverso Pestum e la Basilicata, per osservare i paesi che si stavano spopolando. Poi, c’è stata l’idea di avvicinarmi alla religiosità, ma soprattutto di vedere i paesi colpiti dal terremoto del 1980.

E poi ci sono state altre camminate, come quella sul percorso di Goethe, il filosofo tedesco, ho ripercorso la storia raccontata da Goethe, osservando le persone e l’Italia del 1700, come lui l’aveva vista. E adesso, sto proseguendo con il viaggio di Marco Polo.

Per le sue prime camminate c’era anche un impulso spirituale?
Sì, la camminata sulle terre di Padre Pio è stata anche un’esperienza spirituale, perché attraversavo i luoghi che hanno segnato la sua vita. E poi era anche una zona colpita dal terremoto del 1980, quindi quel cammino portava con sé un mix di spiritualità e memoria storica.

Certo, soprattutto perché si trattava di percorsi lunghi. Camminare per un’ora è una cosa, ma quando si cammina per tante ore di seguito, cambia anche il percorso mentale. Qual è l’evoluzione che percepisce nello spirito e nel corpo?
Sette ore di cammino sono parecchie. Quando inizio un percorso, la sfida è sempre con me stessa. Mi domando: “Ce la farò? Riuscirò a percorrere tutti quei chilometri?”. Ho un progetto in mente e cerco sempre di mantenerlo. Ma poi, una volta che inizio a camminare, capisco che il motivo non è solo quello. Dovrei avere più fiducia in me stessa, perché in fondo riesco sempre a farcela. Ma i motivi che mi spingono sono altri.

Il vero motivo di ogni camminata è vedere la gente, incontrare le persone, osservare i paesi che attraverso. Sono questi gli elementi che mi accompagnano sempre. E poi c’è il momento in cui mi sento in pace con me stessa, in armonia con la natura e l’ambiente.

Nel senso che  quando sono completamente sola, inizio a parlare con gli alberi, con un Dio sopra di noi o con altre entità. Si va oltre il naturale, oltre ciò che è tangibile.

Allora, c’è sempre questo collegamento con lo spirito, con l’anima durante i suoi cammini?
Sì, c’è sempre un collegamento, soprattutto quando sono sola e la mente deve affrontare delle difficoltà.

Cosa significa per lei «atterrare» di nuovo nella società e trovarsi di fronte a persone comuni dopo tanti giorni di cammino in buona compagnia? Cosa si prova?Ogni volta che rientro da un cammino, che sia breve o lungo, trovo difficile reinserirmi nella società. Non riesco a comprendere certe dinamiche come la gelosia, l’invidia, il pettegolezzo. Oppure sentire persone dire “Ah, non ce la faccio, non ci riesco”. A me sembrano osservazioni banali, perché credo che tutto dipenda dall’essere se stessi e, soprattutto, dal credere in se stessi. Bisogna dirsi: «va bene, io ce la faccio, sono sicura che ce la faccio e quindi continuo oppure faccio queste cose». È una questione di determinazione.

Fino ad oggi, che messaggio pensa di essere riuscita a trasmettere alle donne attraverso i suoi viaggi e la sua realizzazione? Stiamo parlando di realizzazioni concrete, non più di viaggi ipotetici. Cosa ha trasmesso in particolare alle donne del Sud?
Il mio messaggio è stato sempre quello di incoraggiare le donne a continuare a essere forti. Noi donne nasciamo forti, e nella vita facciamo tantissime cose per gli altri. Ma poi, quando smettiamo di essere considerate «utili» dalla società, è come se ci mettessimo da parte. Io dico sempre che non deve essere così. Bisogna anche essere un po’ egoisti, soprattutto quando i figli sono cresciuti e i nipoti hanno la loro vita. È giusto, a quel punto, soddisfare anche una volontà personale, è la prima cosa. Per seconda cosa, poi c’è chi pensa che un piccolo dolore o disagio fisico debba fermarci. Se il dolore non è grave, possiamo superarlo. Esistono modi per farlo. Il mio messaggio è soprattutto di invogliamento a fare sempre quello che uno si sente di fare, di continuare sempre, non fermarsi mai.

Vienna, lei ha rotto gli schemi tradizionali per le donne oltre i 50 anni. Molte si dedicano a fare compagnia, curare i nipotini, aiutare i figli… Non parliamo delle sessantene, non parliamo delle altre. Ma lei ha dimostrato che c’è molto di più da vivere. Ha visto un’influenza positiva su altre donne grazie al suo esempio?
Io appartengo all’Italia del Sud. Nell’Italia del Sud, le donne sembrano che si fermano, però ci sta sempre una piccola minoranza che riesce a superare questo ostacolo. Ma comunque sì, a volte temono, io lo vedo dai messaggi, temono molto la paura della solitudine oppure dell’impossibilità di risolvere determinate situazioni come quella, ah, “ma io non conosco l’inglese, oppure non so, non mi piace mangiare la carne o altre cose banali”. Io posso dire che tutto questo non conta. Per esempio, io non conosco il cinese, ma sono in Cina e riesco a dialogare lo stesso. È solo questione di volontà.

Adesso diciamo praticamente la migliore compagnia, lei ci può confermare, che è la propria?
Sì, esattamente. Bisogna avere fiducia in se stessi, anche nelle avversità, e superare gli ostacoli che si incontrano lungo il cammino. All’inizio, di fronte a una difficoltà, ci si può scoraggiare un po’, ma poi mi dico a me stessa: “Respira, fai una bella respirazione, rifletti e vedrai che tutto si risolverà”. E funziona, ogni volta.

Lei ha trovato, dal punto di vista fisico, un giovamento grazie alle camminate?
Sì, l’ho trovato. Soprattutto perché posso mangiare qualsiasi cosa senza ingrassare, questo è il punto principale. Poi, fisicamente, mi sento bene. Non ho ostacoli importanti, anche se con l’avanzare dell’età ci sono sempre piccoli dolori, come alle ginocchia o alle spalle. Ma sono cose che impari a superare. E poi noi donne superiamo tutto, perché non dovremmo superare anche questo?

Siamo riuscite a partorire che è la cosa più vicina alla morte, allora credo che siamo preparate per molte cose. Quanto pesa lo zaino in questa opportunità? 10 o 20 kg?
No, pesa 20 kg. Anche se tolgo e metto cose, rimane sempre sui 20 kg. Ho le scarpe da ginnastica e poi quelle da trekking. A volte, se devo andare da un posto all’altro in città, indosso le scarpe da ginnastica e quel peso in più delle scarpe da trekking si fa sentire. Ci sono momenti in cui penso: “Mamma mia, non ce la faccio più”.

Lei svolge questa attività, che potrebbe quasi essere considerata un lavoro, come volontariato. È anche ambasciatrice dell’ArcheoClub. Ha mai pensato di provare a progettare delle scarpe che possano essere più sicure e comode per camminare?Sì, effettivamente indosso sempre scarpe da trekking perché, in passato, facendo mille sport, ho avuto una frattura al piede. Ora cerco di proteggerlo, e le scarpe da trekking offrono un sostegno migliore perché ci tengono il collo del piede. Non uso mai sandali o scarpe da ginnastica per fare tanti chilometri, perché il piede ha un movimento molto ben preciso per fare in modo che non ti faccia male la schiena, soprattutto nel portare il peso. Le scarpe da trekking sono fondamentali per camminare a lungo.

Per fare un lavoro come il suo, ci sono strade già tracciate da seguire o ognuno deve crearsi il proprio percorso? C’è una mappa per questo?
All’inizio ho seguito delle mappe conosciute, ma successivamente non ci sono più state strade prestabilite. Ho comprato delle mappe in Germania, mappe geografiche della Via della Seta, e con quelle mi oriento. Confronto il libro di Marco Polo con le mappe e cerco di capire come arrivare nei posti che lui menziona. Questo è il lavoro che faccio continuamente.

Quindi, è una sorta di rivisitazione del viaggio di Marco Polo?
Esattamente. Cerco sempre di farmi conoscere nelle città che attraverso. A parte raccontare che sto seguendo le orme di Marco Polo, mi sono data un titolo: «Ricercatrice storica di Marco Polo«, perché il mio interesse è la sua strada, ma faccio anche ricerche su tutto quello che trovo nelle città, come tradizioni di ballo, canto, cibo o siti archeologici. Questo mi aiuta a presentarmi alle istituzioni locali, come Sindaci o Assessori al turismo, che mi facilitano le ricerche. Senza il loro aiuto, ci metterei molto più tempo. In questo modo posso stare 3-4 giorni in una città se mi interessa, altrimenti mi fermo una o due notti, non di più.

Uscirà un libro da questo viaggio?
Sì, nascerà un libro. Uno lo sto già preparando, ma sarà soprattutto dedicato alla Cina, che sto riscoprendo in modo approfondito. La Cina è molto più complicata di quanto sembri, anche perché quando Marco Polo l’ha attraversata, era un territorio sconosciuto, con deserti sconfinati – ci sono tre, anzi quattro deserti. Oggi, però, con il progetto cinese della Belt and Road Initiative, le vie della seta sono diventate strade asfaltate. Questo rende il lavoro di ricerca continuo e complesso.

Camminare su strade asfaltate è sicuramente diverso rispetto a camminare sulla terra, giusto? Che popoli ha incontrato finora? È partita dalla stessa città di Marco Polo?
Sì, sì. Non ho trovato ostacoli con la popolazione. Sono tutti molto ospitali. Io credo che dipenda da come ti poni tu verso gli altri. Le persone che ho incontrato sono gentili e ti aiutano quando hai difficoltà.

Però Marco Polo raccontava anche di popolazioni un po’ cattivelle, giusto?
Sì, ci sono, ma a me non mi toccano. Ad esempio, sono stata in Iran, anche a Teheran, e non ho avuto problemi, nemmeno per la mancanza del velo e nessuno ha detto mai niente. Al massimo ho trovato dei confini chiusi, ma non è stato un problema.

La sua previsione è di arrivare a Pechino l’anno prossimo, a giugno?
Sì, anche se recentemente sono già stata invitata dall’ambasciata italiana e ci sono andata in aereo. Hanno organizzato un pranzo per me e ho dovuto avvalermi dei mezzi di trasporto, perché avevano solo quei giorni disponibili. Sono rimasta solo tre giorni e poi sono tornata di nuovo al punto di partenza.

Ha preso uno dei primi voli della Eastern Airlines, il volo Milano-Xi’an?
No, sono stata solo la madrina per l’occasione. Italia e Cina, in questo momento, sono vicine.

C’è una vicinanza culturale tra il popolo cinese e quello italiano? Ricorda Vittorino Colombo, che diceva che la Cina era la culla della civiltà orientale e l’Italia quella della civiltà occidentale. Crede che la cultura sia un elemento che accomuna i popoli e li fa rispettare di più, anche rispetto agli interessi economici?
Sì, assolutamente. Nel mio progetto c’è anche un messaggio di pace, proprio attraverso la costruzione di ponti culturali. Conoscere la cultura dell’altro ti permette di comprenderlo meglio e di rispettarlo.

Come hanno accolto i cinesi questo viaggio?
Devo dire che sono molto curiosi. Quando mi vedono, devono subito fare una foto con me. Sono molto attivi su Facebook e TikTok, quindi appena vedono una persona straniera, scattano subito una foto.

Ultima domanda: cosa le ha apportato, a livello personale, il viaggio d’autore di Goethe e cosa le sta apportando quello di Marco Polo?
Se faccio un paragone, Goethe era un letterato molto preciso, un tedesco, insomma. Non ho avuto difficoltà a trovare le città che nominava. È stata una passeggiata molto comoda. Marco Polo, invece, ha scritto «Il Milione», ma è complicato capire quali città stava nominando perché oggi i nomi sono tutti cambiati.

L’Italia è rimasta più tradizionale, mentre la Cina si è evoluta molto di più?
Esattamente. Quando leggo i nomi delle città, spesso dico: “Ma dove sono, non le vedo sulla mappa”. E questo mi crea qualche difficoltà.

Grazie mille, Vienna, per questa splendida intervista.
Grazie a voi, ciao ciao!