Gli ungheresi senza il cristianesimo non sarebbero sopravvissuti come nazione

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Gli ungheresi guardano con molto interesse alla visita di Papa Francesco. La definiscono una grande festa per la chiesa cattolica del paese che conferma i suoi valori cristiani. L’Ungheria all’interno dell’Unione Europea persegue una posizione poliedrica, cioè rispettosa delle diversità che compongono l’Europa. “Senza il cristianesimo gli ungheresi non sarebbero sopravvissuti come nazione”. 

Papa Francesco ha elencato due pericoli che si presentano oggi all’Europa: da una parte i nazionalismi, che escludono; dall’altro, l’eccesso di essere così inclusivi da eliminare le differenze che devono essere rispettate. È questo il percorso disastroso della via nefasta delle colonizzazioni ideologiche che – sottolinea – eliminano le differenze, come nel caso dell’ideologia gender, che elimina le differenze, o che antepone concetti riduttivi di libertà alla realtà della vita, presentandosi ad esempio come conquista un insensato “diritto all’aborto”, che è sempre, invece, una tragica sconfitta”.

Abbiamo incontrato il collega Márk Aurél Érszegi, giornalista Vaticanista in Ungheria.

rainews. Érszegi Márk Aurél

Il motto del viaggio di Papa Francesco in Ungheria è “Cristo è il nostro futuro”. Che significato storico ha per il popolo ungherese la visita del Pontefice?

I rapporti tra l’Ungheria e la Santa Sede, e quindi con il successore di Pietro, fanno parte della nostra identità nazionale. L’Ungheria come stato cristiano e come stato europeo appartenente alla cultura occidentale, come anche la sua nascita, si ricollegano al fatto storico avvenuto a cavallo dell’anno mille in cui Papa Silvestro II inviò la corona Reale a Santo Stefano, primo Re cristiano dell’Ungheria Unita. Oggi lo chiameremmo il riconoscimento internazionale di un nuovo Stato. Questo conferma quanto fosse già allora un paese indipendente, non soggetto al Sacro Romano Impero, ma neanche all’Impero Bizantino. È un’esperienza storica, inserita nella legge fondamentale approvata nel recente 2011, propria degli Ungheresi in cui si afferma che il cristianesimo ha avuto un ruolo nel preservare e mantenere il paese. Senza il cristianesimo gli ungheresi non sarebbero sopravvissuti come nazione.

Il motto del viaggio si può interpretare anche alla luce di altre sfide del continente europeo, quali l’immigrazione e la pace in Ucraina. In che maniera la Chiesa cattolica in Ungheria sta affrontando questi temi?

La Chiesa Cattolica ungherese, tramite organizzazioni caritative come la Caritas e l’ordine di Malta, è presente sia nelle frontiere che all’interno del paese ad aiutare i profughi provenienti dall’Ucraina, la maggior parte dei quali hanno proseguito la loro strada verso altre mete, ma un numero considerevole ha optato per rimanere nel nostro paese. Devo dire che queste organizzazioni di diverse realtà ecclesiali, che operano da anni nell’ambito della solidarietà, hanno buoni rapporti con l’Ucraina. Quindi l’aiuto che prestano, anche nella zona della Transcarpazia confinante con l’Ucraina, è un impegno di solidarietà notevole.

Sebbene il governo di Viktor Orban abbia accettato di accogliere i rifugiati dell’Ucraina, dall’altra parte ha chiuso le porte agli immigrati che provengono dalla “rotta balcanica”. Cosa ne pensa?

In Ungheria c’è un altro tipo di movimento migratorio che proviene dalla “rotta balcanica”. In questo senso il paese si dimostra fermo, non accetta l’ingresso di questo tipo di immigrazione incondizionatamente. Il diritto internazionale afferma che i rifugiati devono essere accolti nel primo paese sicuro. Per gli ucraini, l’Ungheria è il primo paese sicuro. Mentre chi arriva dalla “rotta balcanica” trova nel cammino, prima di arrivare qui, già una serie di paesi che possono dare loro sicurezza e protezione, dove non rischiano la vita. Quindi non essendo rifugiati, sono considerati immigrati economici, per cui si devono adeguare alle leggi del paese. Anche in queste situazioni le organizzazioni caritative hanno svolto sulle nostre frontiere un grande lavoro dando aiuto umanitario.

Papa Francesco ha detto che si devono costruire ponti e non muri…

Su questo tema c’è un’identità di vedute in tutta l’Ungheria e un consenso nazionale per cui i rifugiati sì, vanno accolti, ma per chi vuole semplicemente migrare l’Ungheria purtroppo non ha i presupposti per poter garantire il diritto ad una vita dignitosa per tutti. Papa Francesco ha detto che bisogna accogliere e integrare gli immigrati, ma solo se uno Stato ha lavoro, una casa ed una sistemazione da offrire loro degnamente. L’Ungheria è un paese piccolo con limitate risorse economiche, però abbiamo una responsabilità di fronte a tutto questo. Il paese aiuta umanitariamente e contribuisce allo sviluppo nei paesi di origine degli immigrati. I ponti l’Ungheria li costruisce aiutando i paesi di origine, soprattutto le comunità cristiane più vulnerabile, evitando così di speculare sull’essere umano.

L’Ungheria non è immune ai fenomeni che affliggono il mondo occidentale. Nelle varie Chiese del nostro paese c’è ancora una coscienza che sia possibile invertire questa tendenza. Per esempio creando una società più sostenibile, il senso di comunità, e più unità favoriscono la vita. Lo Stato ungherese collabora molto con loro e ha già messo in atto un piano di incentivi economici per le coppie che desiderano formare una famiglia, poter realizzare il loro sogno e per la natalità. Si sta cercando di mettere nelle condizioni la popolazione giovane di fare dei progetti, nella loro scelta personale e senza imporre nulla, e di costruirsi una famiglia. Papa Francesco è rimasto molto contento quando gli hanno spiegato che in Ungheria si investe molto nella famiglia e in tutti i suoi ambiti, accompagnando ogni persona. Ovviamente tutto questo rallenta anche la diminuzione della popolazione ma soprattutto aiuta anche molto la cultura per la difesa della vita.

L’emblema del logo di questo viaggio è il Ponte delle Catene di Budapest che in passato collegava le città di Buda e Pest. La visita di Francesco metterà le basi per costruire ponti di solidarietà tra gli europei?

L’Ungheria nella sua storia ha sempre guardato alla Santa Sede come una forza di sostegno e aiuto. La scorsa volta Viktor Orban ha espressamente chiesto a Papa Francesco di aiutarlo affinché L’Ungheria cristiana non perisca a causa di influenze ideologiche che provengono dall’estero e che cercano di minare le basi della nostra millenaria cultura cristiana. Papa Francesco per quanto riguarda l’integrazione Europea ha detto che non deve seguire un modello di tipo sferico, cioè omologante; piuttosto deve seguire un modello poliedrico, cioè rispettoso delle diversità nel caso del continente, tra i vari popoli, che compongono l’Europa.

Invece qual è la vostra posizione…

La posizione che persegue l’Ungheria è quella poliedrica. Infatti il motivo principale delle varie discussioni che l’Ungheria ha avuto con l’Unione Europea riguarda la percezione che certe istituzioni all’interno e fuori dell’Europa stiano cercando di portare il loro discorso verso un modello omologante, meno rispettoso della libertà nazionale di ogni paese. Quindi in questo senso è totalmente d’accordo con le ispirazioni di Papa Francesco, un’Unione Europea poliedrica, un’Europa delle nazioni.