Papa Francesco in Ungheria

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Papa Francesco in Ungheria, pellegrino di pace che guarda il futuro mettendo Cristo al centro

Il paese accoglie i profughi ucraini ma rifiuta di fornire armi a Kiev, si oppone alle sanzioni UE contro Mosca e alla fornitura di aiuti finanziari all’Ucraina e respinge gli immigrati provenienti dalla “rotta balcanica”.

«Cristo è il nostro futuro” è il motto del Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Ungheria, che vedrà impegnato il Pontefice dal 28 al 30 aprile 2023. Un viaggio che s’inserisce in un importante tempo liturgico dopo la Pasqua e la Risurrezione. È il primo viaggio del Pontefice nel paese del premier Viktor Orban, dopo la visita lampo del 2021, in cui rimase circa sette ore alla chiusura del Congresso Eucaristico Internazionale. Un viaggio apostolico di tre giornate molto intense in un paese che dista 166 chilometri dal confine ucraino. Durante la visita, il Pontefice affronterà temi quali il futuro del cristianesimo, l’unità in Europa, la pace in Ucraina, l’immigrazione e i rifugiati, fino alla “sfida ecologica”, cui l’Ungheria presta molto attenzione.

L’Ungheria, cuore dell’Europa, e terra di santi – da San Martino a Santo Stefano, primo Re cristiano dell’Ungheria unita a cavallo dell’anno mille, fino a Santa Elisabetta – è un paese ricco di ponti. Il logo di questo viaggio è infatti rappresentato dal Ponte delle Catene di Budapest, il più antico che attraversa il Danubio. Originariamente costruito per collegare le città di Buda e Pest, è il simbolo della capitale. Francesco nei suoi discorsi evocherà rinnovate tracce di speranza esortando alla costruzione di ponti nel vecchio continente con un’ottica che guarda apertamente al futuro.

Ma il nodo centrale per l’Ungheria è costituito soprattutto dal calo delle nascite e dalla forte emigrazione all’estero, con un sensibile calo annuale del numero dei cristiani, siano essi cattolici, calvinisti riformati o luterani, dovuto non soltanto alla dilagante secolarizzazione. Secondo il portavoce episcopale, Padre Csaba Török, la popolazione ungherese è composta da 9,6 milioni di abitanti, di cui il 39% si professa cattolico, il 12% calvinista riformista e il 2% luterano. Il 18% della popolazione si definisce “non religioso”, mentre il 27% “non vuole rispondere”. Queste ultimi due segmenti costituiscono, dunque, una netta maggioranza, che nel prossimo censimento risulterà ancora maggiore. “La Chiesa di Ungheria sente molto i cambiamenti sociali e culturali. Stiamo assistendo – commenta Padre Csaba – a un affievolirsi della religiosità tradizionale. Dal Papa, ci aspettiamo un messaggio di incoraggiamento per il futuro. Come ricominciare? Come trovare il nostro futuro? Come dimostrare che Cristo e la fede sono la via per il futuro del nostro Paese? La parola centrale del Papa sarà ‘futuro’ e il nostro futuro è Cristo”.

(LaPresse). Papa Francesco e Viktor Orban

Orbán ha recentemente pronunciato uno storico discorso alla nazione facendo il punto della situazione dell’anno appena trascorso, dichiarando che «in Europa ci sono soltanto due stati che lottano per la pace in Ucraina, ovvero il Vaticano e l’Ungheria». Il Vaticano, perché il Papa è «il portavoce della pace», e l’Ungheria, perché è l’unico Stato dell’Unione Europea contrario all’invio di armi all’Ucraina, pur accogliendone i profughi.

L’Ungheria, per ragioni storiche e geografiche, ha stretto rapporti con la Chiesa ortodossa russa che sostiene l’intervento armato di Putin in Ucraina. Budapest ha accolto i profughi ucraini ma si rifiuta di fornire armi a Kiev e si oppone alle sanzioni dell’Unione Europea contro Mosca e alla fornitura di assistenza finanziaria all’Ucraina, respingendo gli immigrati provenienti dalla “rotta balcanica”. Le parole del Papa a Budapest risuoneranno senza dubbio più forti che mai a Mosca.

Nel 1991, la storica visita di Giovanni Paolo II rappresentò un’aria nuova per la popolazione ungherese dopo gli anni del comunismo. Wojtyla si recò nella basilica della città di Esztergom presso la tomba del cardinale Jozsef Mindszenty omaggiando la principale figura della resistenza contro il comunismo e il totalitarismo nazionalista dell’epoca. Nella sua seconda visita in Ungheria, nel 1996, Giovanni Paolo II celebrò una messa per la ricorrenza dei mille anni di fondazione dell’Arciabbazia di Pannonhalma.

E’ una lunga storia quella della Chiesa cattolica in Ungheria, che nel 1945 perse la libertà con l’arrivo del comunismo che contro la comunità cattolica impose le riforme e la nazionalizzazione: chiusura delle scuole, arresti, scioglimento degli ordini religiosi, fino all’obbligo di giuramento da parte dei sacerdoti davanti alla dittatura comunista. Un parziale accordo tra Santa Sede e Ungheria viene raggiunto soltanto nel 1964.

Francesco, ricoverato e poi dimesso dal policlinico Gemelli prima di Pasqua, non ha voluto rinunciare al viaggio in Ungheria, dove sulle rive del Danubio incontrerà Viktor Orbán, un gruppo di rifugiati ucraini, accademici e intellettuali. La Santa Messa celebrata in Piazza Lajos Kossuth dinanzi al Parlamento ungherese rappresenterà il punto culminante del viaggio apostolico.

Foto: I pellegrini rom portano la loro «papamobile» per la visita di papa Francesco in Ungheria