Al Parlamento Europeo l’On. Elisabetta Gardini (EPP) discute sulle sfide del REACH per le imprese chimiche in Italia

0
3196

A 10 anni dall’adozione del REACH, l’Onorevole Elisabetta Gardini, che dal 2008 ricopre l’incarico di Europarlamentare (EPP), ha promosso ed organizzato presso la sede del PE di Bruxelles un incontro per favorire la conoscenza del Regolamento REACH alla presenza di esponenti di Federchimica – Confindustria e di importanti imprese facenti parte del panorama dell’industria chimica italiana.

Ma cos’e il REACH? Si tratta del Regolamento n.1907/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 che concerne la registrazione, la valutazione e la restrizione delle sostanze chimiche (“Regulation concerning the Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals” da cui REACH), con lo scopo principale di migliorare la conoscenze dei pericoli e dei rischi derivanti da sostanze chimiche già esistenti (introdotte sul mercato prima del settembre 1981) e nuove (dopo il settembre 1981) e al contempo mantenere e rafforzare la competitività  e le capacità innovative dell’industria chimica europea.

twitter-egardiniIl REACH è quindi un sistema integrato di registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche che mira ad assicurare un maggiore livello di protezione della salute umana e dell’ambiente. Circa 30.000 sostanze e prodotti chimici dovranno infatti essere soggetti ad un esame sulla loro pericolosità e inseriti in un database comune a tutti gli Stati membri. Il Regolamento ha inoltre previsto l’istituzione di un’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), la cui sede è stata stabilita ad Helsinki (Finlandia). Essa svolge un ruolo di coordinamento tecnico-scientifico delle attività previste da Regolamento REACH e, in primo luogo, organizza una banca dati per raccogliere e gestire i dati forniti per la registrazione delle sostanze, anche allo scopo di garantire l’accesso del pubblico alle informazioni sulle sostanze chimiche.

Il Regolamento REACH, sostituendo buona parte della legislazione attualmente in vigore in materia di sostanze chimiche, richiede un adattamento del sistema nazionale al nuovo sistema integrato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche. Tra i cambiamenti introdotti, quello più rilevante per il sistema industriale riguarda la raccolta delle informazioni sulle proprietà intrinseche delle sostanze e l’individuazione di adeguate misure di gestione del rischio. Questo comporta che al sistema industriale è richiesto un ruolo pro-attivo nella gestione del rischio delle sostanze chimiche. Occorrono, quindi, una serie di azioni per l’adeguamento dei sistemi organizzativi aziendali, a qualsiasi livello della catena di approvvigionamento, oltre che all’acquisizione delle conoscenze e capacità tecniche necessarie per l’attuazione dei compiti previsti.

twitter-federchimica

L’Onorevole Gardini, all’apertura dei lavori, ha sottolineato come l’Italia sia uno dei paesi leader nel settore della chimica, che è il quinto settore manifatturiero nell’UE e può essere considerato come un ambito di punta per la tecnologia ed il suo trasferimento. La prossima scadenza di registrazione per le sostanze chimiche prodotte fino a 100 tonnellate è prevista per il 2018 (in seguito a quella del 2010 e 2013), e pone le piccole e medie aziende italiane di fronte a considerevoli sfide: economiche, organizzative e di adattamento. L’UE, dal suo canto, è prossima a procedere verso una valutazione di conformità del Regolamento REACH che verrà svolta nel 2017. Risulta quindi imperativo assicurare che la legislazione in materia, particolarmente onerosa, non sia soggetta a cambiamenti drastici che necessariamente comporrebbero una spesa considerevole per le PMI del settore.

Paolo Lamberti, di Federchimica, ha ricordato che il REACH è una delle numerose normative che incidono sul settore, regolato da un ampio quadro normativo il cui costo cumulato ha inciso fino ad un 30% sul costo delle imprese. Si pone l’esigenza di armonizzare le norme soprattutto in un’ottica di semplicità a favore delle imprese.

Alessandra Colombo (Versalis S.pA) ha sollevato questioni discusse inerenti al REACH che contrastano con l’esigenza di semplicità. In primo luogo il processo di registrazione della sostanza (fascicolo tecnico e rapporto di sicurezza chimica da presentare all’ECHA) seguirebbe un iter molto complicato ed oneroso, il cui compimento dovrebbe necessariamente fruire dell’appoggio di consulenti esterni. Ciò significa appoggiare l’innovazione e la competitività, ma anche destinare delle risorse economiche e organizzative per fini prettamente burocratici e funzionali. In secondo luogo, il REACH nel contesto della Circular Economy non contemplerebbe la gestione dei rifiuti, ma bensì solo la gestione sicura dei chemicals fino al prodotto finito. Tuttavia, bisogna sottolineare che l’industria è sì responsabile di dover garantire l’uso sicuro dei prodotti mediante la valutazione del rischio e la gestione di sostanze estremamente pericolose, ma anche sotto forma di rifiuti.

twitter-elisabetta-gardini

Valutando l’impatto della chimica in seguito al REACH risulta che le PMI devono ora interfacciarsi con un regolamento immenso, che pone necessaria la certezza del diritto di fronte ad una normativa che deve essere costante e coerente. Affinché le imprese italiane possano stare al passo con l’esigenza di sicurezza che richiede l’UE e rispondere al contempo alle finalità proprie della loro attività, è impensabile valutare ipotesi di modifiche al Regolamento. Il REACH ha permesso di ridurre l’impatto delle attività industriali sull’ambiente migliorando la salute dei lavoratori e dei consumatori, ma al contempo l’UE deve assicurare alle proprie imprese di confrontarsi su scala mondiale. Il rischio, come esposto da Cesare Knebel (Codyeco S.p.A) è infatti la delocalizzazione della produzione, di fronte a costi estremamente altri che le PMI non sono in gradi di supportare. Infatti le sostanze che conformano l’articolo finito non sono soggette al REACH, per cui risulta più vantaggioso al singolo imprenditore delocalizzare la produzione in paesi la cui normativa è meno rigida ed importare i prodotti una volta ultimati. Uno dei possibili scenari sarebbe la chiusura di PMI sia in Italia che negli altri Stati europei; la perdita di posti di lavoro, nonché una riduzione del loro reddito; ed infine, il trasferimento all’estero di importanti imprese del Made in Italy.

Come concluso da Daniele Ferrari, Vice-Presidente di Federchimica con delega per l’Europa, è fondamentale che la Commissione europea non proceda ad alcuna modifica del Regolamento, poiché influirebbe sul principio della certezza del diritto. Se il REACH è nato per essere un modello di eccellenza per il mondo, ha tuttavia portato con sé un ventaglio di costi elevati che è ricaduto sulle spalle delle PMI e che alla lunga rischia di penalizzare le aziende chimiche ed il loro sviluppo.