UNGHERIA: CHI E’ IL CARDINALE PETER ERDOE? di GIUSEPPE RUSCONI

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Nuestro Columnista y apreciado Vaticanista, Giuseppe Rusconi, nos presenta el libro «La fiamma e la fede» una entrevista realizada al Cardenal de Hungría, Peter Erdö. Un momento en que Hungría con modos muy fuertes ha declarado no desear acoger prófugos en su territorio. El Cardenal explica con serenidad sus puntos de vista no solo con relación a este peliagudo tema sino también con relación a otros. Una lectura agradable que aumentará la visión de los lectores conociendo las opiniones de los demás y conociendo un país miembro de la Unión Europea.
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E’ uscita da poco, presso la Libreria editrice vaticana, una lunga conversazione tra il giornalista Bob Moynihan (direttore del mensile ‘Inside the Vatican’) e il primate d’Ungheria. Il dialogo, sviluppatosi nel 2011, offre la possibilità di conoscere più da vicino un porporato fatto oggetto recentemente e ingiustamente, a proposito di migranti, di accuse di durezza di cuore. Il libro, alla cui redazione ha collaborato costantemente la giornalista ungherese Viktoria Somogyi (Radio Vaticana), è intitolato “La fiamma della Fede”, con prefazione del cardinale Angelo Sodano.

C’è un cardinale in Europa che non si lascia travolgere dalle emozioni suscitate da foto pur drammatiche gettate in pasto all’opinione pubblica, né intimorire da esortazioni moralistiche calate dal pulpito da predicatori à la page (magari con il domicilio fiscale laddove si pagano tasse irrisorie, come il cantante Bono, simbolo del politicamente corretto). E’ ungherese e già la sua nazionalità gli attira oggi immediati e disdicevoli sospetti visto come il suo Paese sia da tempo indicato a dito da una campagna internazionale ostile (forse anche perché nella nuova Costituzione approvata nel 2011 si protegge la vita del feto dal momento del concepimento oppure si definisce la famiglia come unione di un uomo e di una donna, “base per la sopravvivenza della nazione”?). E’ un cardinale che, scrive il confratello Angelo Sodano, ha un amore profondo per la sua terra magiara e, per il giornalista cattolico statunitense Bob Moynihan – che l’ha intervistato per quattro giorni di fila a Budapest – “è un uomo del ‘centro’ dell’Europa, ma ancor più del ‘cuore’ dell’Europa”. Non a caso “rappresenta il meglio che la tradizione europea possa offrire: apprendimento, conoscenza, studio, riflessione, chiarezza di pensiero, saggezza”. E considera “la fiamma della fede” come “sorgente del più grande dei traguardi dell’Europa: il trionfo della giustizia sociale, l’impegno nella difesa dei diritti umani, la ricerca della pace e di organismi di pace che indichino vie politicamente percorribili fra le nazioni”.

Quel cardinale è Peter Erdö, nato a Budapest nel 1952, consacrato vescovo da Giovanni Paolo II nella Basilica di San Pietro per l’Epifania del Giubileo del 2000, nominato arcivescovo di Esztergom-Budapest (e dunque primate d’Ungheria) nel 2002, porporato dal 21 ottobre 2003. Ancora: presidente della Conferenza episcopale ungherese per due mandati (2005-2015), presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee dal 2006, relatore generale del Sinodo straordinario per la famiglia del 2014 e di quello ordinario del 2015.

Il libro-intervista pubblicato pochi giorni fa dalla Libreria editrice vaticana e intitolato “La fiamma della Fede” permette al lettore di conoscere più a fondo la personalità del porporato ungherese. E di capire meglio il suo modo di affrontare anche le questioni più drammatiche, unendo la luce della fede alla forza della ragione: Erdö non è dunque né un impulsivo né un facilone e cerca di valutare le situazioni analizzando ciò che è possibile fare per il bene della comunità: con la vita delle persone non si può giocare per amore del politicamente corretto. E neppure con quella dei popoli, di quelli che migrano e di quelli che li ricevono. Del resto il cardinale ungherese sa benissimo che tra coloro che oggi gridano più forte contro chi cerca di ragionare (con umanità, ma usando oltre al cuore la ragione!) sul tema dell’accoglienza, si ritrovano facilmente leader ‘occidentali’ pesantemente corresponsabili di quella distruzione del tessuto connettivo di Iraq, Libia e Siria all’origine del flusso incontrollato di rifugiati mediorientali verso i Paesi dello stesso Occidente.

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“La fiamma della Fede” è frutto dell’intervista avviata da Bob Moynihan “in una piacevole e assolata giornata di luglio” del 2011 a Budapest: “Il cardinale celebrò la messa mattutina nella cappella della sua residenza. Facemmo quindi una semplice colazione con i suoi due assistenti, padre Zoltan e padre Laszlo. Poi percorremmo il corridoio fino allo studio del cardinale ed iniziammo la nostra conversazione, che continuò per quattro giorni”. Subito si rileverà che il testo non contiene riferimenti diretti all’attualità del Sinodo, di cui il cardinale è Relatore generale (pur se della famiglia e delle sue problematiche nel libro si parla ampiamente). E’ stato però aggiunto un capitolo riguardante in sintesi alcuni momenti degli anni 2013 e 2014, come quelli della rinuncia al Papato di Benedetto XVI e l’elezione di papa Francesco.

Nel suo percorso di elaborazione del testo Moynihan è stato accompagnato e consigliato costantemente da Viktoria Somogyi, redattrice ungherese di Radio Vaticana. La revisione critica finale è invece di Luca Caruso.

Il libro, dedicato “a tutti coloro che hanno conservato la fede” e che si avvale della prefazione del cardinale Angelo Sodano, presenta tre parti principali: “La vita”, “La fede”, “Le sfide del nostro tempo”. In quest’ultima sezione si trovano ad esempio ampie riflessioni sulla storia e sull’identità ungherese, su “Legge e bene comune”, sulla “Questione antropologica” , sulla Russia e sulla “Nuova evangelizzazione”.

Come si sarà capito, l’intervista è a tutto campo. Qui riportiamo qualche risposta del cardinale a domande particolarmente interessanti , così da invogliare chi ci legge a prendere tra le mani quel libro assai singolare che è “La fiamma della fede”.

Rapporti tra Chiesa e regime comunista ungherese: Abbiamo avvertito di soggiacere a un peso enorme. (…) Perché se un uomo è coraggioso, può sostenere una lotta contro un nemico cinque volte più forte. Ma quando il nemico è duecento volte più forte, allora è molto diverso. E soprattutto gli ungheresi, nella loro storia, hanno sempre sofferto l’abbandono e il tradimento dell’Occidente che loro volevano difendere, o al quale avevano la coscienza di appartenere. Questo si è ripetuto diverse volte: così è stato durante l’epoca turca e anche più tardi, come nel 1956.

Ideali comunisti e attrazione: Mai (mi hanno attratto)! Non ho mai subito questa tentazione, né quella di credere ai libri scolastici o alla radio o alla televisione. Mai, mai. Forse grazie alla mia educazione.

Comunismo e ‘virtù’: Lei mi chiede se vi fossero state delle ‘virtù’ nel marxismo e nel comunismo ed io devo allora ricordarLe la dottrina cattolica su tale ideologia che era atea e perciò anticristiane e antiumana. Devo poi ricordarLe tutte le tragedie provocate da quell’ideologia. In Ungheria ne fummo testimoni. Diverso sarebbe se lei mi avesse chiesto se c’erano anche delle virtù nei marxisti e nei comunisti. Ovviamente le avrei risposto che il peccato e le virtù sono propri delle persone, sono propri di ogni essere umano. Le intenzioni poi le giudica il Signore.

Europa e integrazione dei musulmani: Che cosa significa integrazione? In Europa si sono integrate milioni e milioni di persone provenienti da altri continenti e non ha molta importanza se esse siano musulmane, credenti o non credenti. L’integrazione comporta anzitutto l’osservanza delle leggi del Paese in cui si arriva e il rispetto delle istituzioni. Non bisogna pretendere più di questo né si deve perseguire lo scopo dell’assimilazione totale, perché ciascun individuo, anzi ciascuna comunità, ha il diritto di conservare la propria cultura, la propria religione, la propria lingua, ecc…

Europa e immigrazione: La questione dell’immigrazione presenta numerosi aspetti. E’ ovvio che tutti hanno il sacrosanto diritto di cercare di sopravvivere alle situazioni di carestia, di guerra civile e di minaccia alla vita. Ma d’altronde non si possono obbligare gli europei a lasciar entrare – anche illegalmente e senza nessun controllo – tutto il mondo nei loro Paesi, perché in tal modo crollerebbe l’ordine pubblico, ancora così attrattivo per gli altri. Bisogna quindi trovare la verità in queste situazioni, cercando il vero equilibrio proprio nella chiave della solidarietà e della misericordia.

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