ERA GALANTINO: GIU’ IL SIPARIO? – di GIUSEPPE RUSCONI

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Nel tardo pomeriggio di mercoledì 7 dicembre, uno sfogo inatteso del segretario generale della Cei all’Istituto Sturzo – in occasione della presentazione di una sua antologia di discorsi- induce a pensare a sue gravi difficoltà nel proseguire nell’incarico affidatogli con scelta personale da papa Francesco.

Doveva essere una tranquilla occasione per l’Azione cattolica italiana di rendere omaggio – con la solita dose everestiana di incenso – al vescovo da cui dipendono le sue fortune, il segretario generale della Cei Nunzio Galantino. Di cui è stata presentata nel tardo pomeriggio di mercoledì 7 dicembre l’antologia di “discorsi civili ed ecclesiali” pubblicata per i tipi dell’editrice Ave. Di assoluta fiducia il luogo della presentazione: l’Istituto Sturzo in via delle Coppelle. E di assoluta fiducia anche i relatori, definiti “amici” dal presidente dell’Azione cattolica italiana Matteo Truffelli: il Turiferario Maggiore Andrea Tornielli e l’Inquisitore Massimo Alberto Melloni (che dalle colonne di ‘Repubblica’ vorrebbe mandare al rogo ad esempio i quattro cardinali autori della lettera al Papa perché siano chiariti alcuni punti a dir poco ambigui dell’ Amoris Laetitia). Presenti in forze naturalmente – con maggiore o minore entusiasmo – i media della Cei, da Avvenire a TV 2000, compresa anche la Turiferaria di famiglia Stefania Falasca.

Doveva essere dunque un tardo pomeriggio senza sorprese, al massimo con qualche sbadiglio. Invece, prendendo la parola alla fine per i ringraziamenti di rito, mons. Nunzio Galantino si è lasciato andare a uno sfogo senza precedenti sulle difficoltà incontrate nella sua attività da segretario generale della Cei (pur se già in occasioni e con modi diversi tale tema aveva fatto capolino in qualche intervento).

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Foto: Panorámica

Dopo brevi ringraziamenti, mons. Galantino ha subito evocato la “fatica” che sente “ogni volta” che è chiamato a intervenire: quella di “mettersi in gioco come uomo e come credente, senza pretese di infallibilità”, ma con l’obiettivo di “costruire ponti e non muri”. Purtroppo, non solo fuori della Chiesa, ma anche dentro la Chiesa sono molti i ponti che “crollano, distrutti per la voglia di protagonismo negativo di qualcuno”, che “ricorre alla menzogna, alla volgarità del linguaggio, all’invenzione di cose mai accadute”. Sono “invenzioni” che “servono ad alcuni club, ad alcune persone, che avvertono di essere fuori della storia e si arrampicano sugli specchi”.

Qui Nunzio Galantino ha rilevato di essere “stato chiamato al ruolo” assegnato “fin quando servirà: poi farò altro, se me lo fanno fare”. Tale osservazione galantiniana non può non far sorgere dubbi sulla prosecuzione del suo incarico. Subito dopo il segretario generale della Cei ha detto di sentirsi appoggiato da “vescovi e laici”, pure dai laici dentro la Cei, “anche nei momenti in cui devo sostenere grandi, grandi fatiche”. Notare il “grandi, grandi fatiche”. Così proseguendo: “Non c’è un uomo solo al comando”: sono solo “fantasie che a qualcuno piace coltivare”, magari perché “non ha altro da fare”.

Un ultimo grazie, poi l’applauso caloroso dei fedelissimi che gremivano il fortilizio sturziano, presidiato per l’occasione dall’Azione cattolica.

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Foto: Panorámica

Valuti chi ci legge se le dichiarazioni inattese –e non provocate – del segretario generale della Cei non spingano a porsi qualche domanda sulla sua permanenza nell’incarico. Del resto in questi giorni lo Spavaldo (ora meno spavaldo) di Palazzo ha constatato le gravi difficoltà esistenti nel rapporto con una larga maggioranza di italiani. E, in qualche modo, ne ha dovuto trarre le conseguenze. L’ha dovuto constatare per sua sfortuna anche la Garrula Ministra (ora meno garrula)… ma si sarebbe dovuta ricordare prima che chi deve tutta la fortuna politica al capo, periclita con lui quando egli stesso periclita. All’interno dei vescovi italiani naturalmente non si può ipotizzare il referendum sul segretario generale, ma – se così fosse – è lecito pensare che Galantino farebbe molto peggio di Renzi e della Boschi.

Sui due relatori. Andrea Tornielli si è occupato dettagliatamente, e anche sobriamente, del discorso galantiniano preparato per il 18 agosto 2015 su De Gasperi come “modello ed esempio” (pronunciato a Pieve Tesino/Trento). Alberto Melloni dal canto suo ha parlato delle “difficoltà enormi” per la Chiesa italiana a sintonizzarsi sulla frequenza di papa Francesco. Sarebbe urgente farlo, e ancora più urgente per l’intera società italiana. Invece oggi ci sono cattolici che “velocemente” si riposizionano in politica corteggiando i grillini (definito movimento di ‘destra’) e altri cattolici – in Italia e in Europa – che rincorrono un ‘nazionalismo’ che ‘porta alla guerra’. Insomma: non ci siamo proprio. Danno una fievole speranza allo sconsolato Melloni solo alcune piccole luci che si accendono qua e là.

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